Medicina

Malati fragili, prevenire le insidie della pandemia nella terza età

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I pazienti fragili, debilitati, malati cronici o con difese indebolite, possono essere protetti contro il Covid-19 anche grazie alla prima opzione farmacologica (diversa dai vaccini) che consente di prevenire i sintomi del virus: una combinazione di anticorpi monoclonali. In questi termini è stata presentata al Senato una iniziativa finalizzata a sollecitare l’adozione di strategie di profilassi pre-esposizione estese su tutto il territorio nazionale. «Promuoviamo questo importante progetto – ha affermato Eleonora Selvi, presidente Senior Italia FederAnziani – in modo da tutelare soggetti immunocompromessi, tra i quali rientrano anche molti anziani, che rientrano tra le persone maggiormente vulnerabili. Dobbiamo muoverci subito, prima della probabile ripresa dei contagi attesa nel prossimo autunno. Vogliamo confrontarci con gli Assessori regionali alla salute per superare quanto prima gli ostacoli che impediscono di accedere in modo uniforme agli anticorpi monoclonali per contrastare il Covid-19». Stiamo parlando di persone con sistema immunitario compromesso, spesso avanti negli anni, che possono sviluppare una risposta inadeguata ai vaccini contro il virus Sars-Cov2.

 

FederAnziani, nel convegno promosso a Roma in collaborazione con AstraZeneca, ha focalizzato l’attenzione, in particolare, su una combinazione di anticorpi monoclonali a lunga emivita che ha dimostrato di ridurre dell’83% il rischio di sviluppare la malattia in forma sintomatica, con una protezione che continua per almeno sei mesi dopo una sola dose. «Gli anticorpi monoclonali umani, tixagevimab e cilgavimab –- ha scritto Giovanni Di Perri, ordinario di malattie infettive all’Università, primario infettivologo all’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino – sono derivati da cellule B donate da convalescenti che avevano contratto il virus Sars-Cov2, successivamente sottoposte a modifiche biotecnologiche. Sono stati ottimizzati per estenderne la durata d’azione rispetto ai monoclonali convenzionali».

 

Nello studio internazionale PROVENT di fase III pubblicato sul New England Journal of Medicine si vede che la combinazione ha ridotto il rischio di sviluppare il Covid-19 sintomatico dell’83% con follow-up (controllo) a 6 mesi. Una singola dose della combinazione di tixagevimab e cilgavimab, facilmente somministrabile per via intramuscolare, determina quindi una protezione duratura, per almeno 6 mesi. Questa combinazione (tecnicamente denominata Evusheld) è efficace anche sulle varianti più recenti, ed è anche venuto meno il vincolo che richiedeva un test sierologico particolare per rientrare nel gruppo di elezione.

 

La profilassi pre-esposizione nei soggetti ad alto rischio di malattia Covid-19 severa, con la combinazione tixagevimab/cilgavimab, potrà essere prescritta infatti, nell’ambito delle categorie di rischio già identificate, senza la necessità di effettuare la sierologia per anticorpi anti-Sars-CoV-2. Lo ha riferito l’Agenzia italiana del farmaco, riportando al decisione del 7 giugno scorso, adottata dalla CTS dell’Aifa. «La Commissione tecnico scientifica – si legge sulle pagine ufficiali dell’Agenzia – ha stabilito di lasciare al clinico la decisione di trattamento con Evusheld in base alla valutazione del singolo paziente, in considerazione dell’impossibilità di definire un cut-off affidabile relativamente alla presenza o all’assenza di protezione sulla base di uno specifico livello di anticorpi, e in considerazione del fatto che la selezione dei pazienti a rischio è comunque affidata a un ambito altamente specialistico». La Cts – assicura Aifa – continuerà a valutare l’efficacia e la durata dell’effetto protettivo anche rispetto all’evoluzione del quadro epidemiologico e delle varianti circolanti.

 

Tra i soggetti più esposti al rischio Covid-19, e che beneficiano della profilassi con monoclonali, figurano pazienti trapiantati, affetti da patologie onco-ematologiche, in trattamento chemioterapico, soggetti in trattamento con farmaci immunosoppressori (ad esempio per affezioni reumatologiche o neurologiche), e persone colpite da deficit immunitario primario.

 

(Alessandro Malpelo)

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