La nostra percezione del tempo varia con il ritmo del cuore, probabilmente perché così il cervello riesce ad affrontare meglio le sfide in base alle nostre condizioni fisiche: lo dimostra un curioso esperimento pubblicato sulla rivista Phychophysiology dagli psicologi della Cornell University negli Stati Uniti.
I ricercatori coordinati da Adam K. Anderson hanno sottoposto a elettrocardiogramma 45 volontari (tutti giovani studenti sani e senza patologie cardiache) per monitorarne l’attività cardiaca con una risoluzione al millisecondo.
L’elettrocardiografo è stato inoltre collegato a un computer in modo che ogni battito cardiaco determinasse la produzione di un breve suono della durata di 80-180 millisecondi di cui i volontari dovevano valutare la durata.
Dalle loro risposte è emerso che il suono era percepito come più lungo se era anticipato da un battito cardiaco più breve e, viceversa, il suono sembrava più corto quando era preceduto da un battito cardiaco più lungo.
“Il tempo è una dimensione dell’universo e sta alla base della percezione della nostra esistenza”, spiega Anderson. La ricerca dimostra che l’esperienza del tempo momento per momento è sincronizzata con la lunghezza del battito cardiaco e cambia con essa.
Se il cervello usa il cuore come un cronometro, è anche vero che la psiche può condizionare la frequenza cardiaca. Lo dimostra il fatto che il battito cardiaco dei partecipanti allo studio si modificava non appena questi prestavano attenzione ai suoni emessi dal computer e, di conseguenza, cambiava anche la loro percezione del tempo.
“Il battito cardiaco scandisce il ritmo che il nostro cervello usa per darci il senso del tempo che passa, e non è lineare: si contrae e si espande continuamente”, sottolinea Anderson.
Secondo i ricercatori, questa connessione tra cuore e percezione del tempo aiuterebbe il nostro cervello a gestire meglio gli sforzi e le risorse in base alle nostre mutevoli condizioni fisiche.
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