Alimentazione

Kombucha, elisir dissetante con enzimi e probiotici

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Alcuni lo hanno chiamato tè dell’immortalità, altri tè del Nilo, ma i più lo conoscono come kombucha, ed è la bevanda orientale altamente frizzante, a base di tè, acqua e zucchero, che negli ultimi tempi è diventata di moda in tutto il mondo. Si tratta di un ritorno, più che di una vera scoperta, perché la sua storia millenaria, che affonda le radici nel Sol Levante, si è già intrecciata con la storia del nostro continente.

 

L’origine di questa bevanda è controversa e dubbia. Non ci sono dati certi che indichino la Cina come luogo d’origine del kombucha, ma il consumo di alimenti fermentati ha sempre fatto parte della cultura gastronomica di questo paese, come anche il consumo di tè, ed è per questo che si ritiene che sia nata in Oriente. C’è chi fa risalire la sua nascita al 221 a.C., sotto l’impero di Qin Shi Huangdi. La leggenda narra che fu lo stesso imperatore a produrre e bere quello che venne definito “il tè dell’immortalità”, che gli permise di mantersi giovane e in salute per lungo tempo.

 

Per altri il termine kombucha, deriva da Kombu, il nome di un dottore coreano che nel 414 d.C introdusse la bevanda alla corte del sovrano giapponese. In Europa è arrivata passando per la Russia, negli anni della prima guerra mondiale. Con la seconda guerra mondiale, però, la bevanda sparì: il razionamento alimentare rese lo zucchero, necessario per la fermentazione, un bene di lusso. Ritornerà durante la prima metà degli anni ’90, complice l’ondata New Age con il nome di “alga del Nilo”.

 

Dal punto di vista chimico, l’elemento madre per la realizzazione del kombucha è lo scoby. Si tratta di un acronimo che sta per “Symbiotic Culture of Bacteria and Yeast”, ed è la coltura simbiotica di batteri dell’acido lattico, batteri dell’acido acetico e lieviti. Sono questi i primi ad agire nel processo di produzione: si riforniscono velocemente dello zucchero presente nel liquido e creano alcol come sottoprodotto della loro digestione. È il segnale di intervento per i batteri, che iniziano a trasformare la maggior parte di questo alcol in acido acetico. È proprio quest’ultimo risultato a conferire alla kombucha il sapore particolare che ricorda un po’ il sidro di mele ma con la tipica pungente acidità.

 

Lo scoby è visibile a occhio nudo, e si manifesta come un tappetino di cellulosa, simile alla gelatina, che si crea dopo 2-4 settimane di fermentazione tra il liquido e l’aria del contenitore.Questo disco gelatinoso è ciò che trasforma un semplice tè in una bevanda ricca di probiotici ed enzimi.

 

La bevanda che si presta ad essere consumata in tutti i momenti della giornata. L’unica raccomandazione è quella di non esagerare, mantenendosi nella norma che consiglia al massimo due bicchieri al giorno. Essendo dissetante, si beve volentieri nelle calde giornate estive, e si accompagna bene anche ai pasti, come alternativa alle comuni bibite.

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