Medicina

Ho il fiato corto, cosa devo fare?

di
Roberto Baldi
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I medici la chiamano dispnea, nel dire comune passa sotto il termine di «fiato corto» ovvero atti respiratori abbreviati. In pochi istanti la forma acuta, in più giornate la forma cronica (almeno un mese) e può essere attribuita a cause diversificate. C’è fiato corto anche in chi fa vita sedentaria e si appresta improvvisamente a un qualche impegno motorio, come può accadere soprattutto nella persona anziana, obesa, fumatore accanito o in momenti tensione emotiva.

 

Il calar della notte tende ad aumentare quella che è comunemente chiamata dispnea ansiosa, più frequente nel paziente che si trova solo in casa senza l’aiuto dei familiari che possano soccorrerlo in caso di bisogno. Il semplice arrivo di una persona capace di provvedere all’emergenza fa l‘effetto talvolta del dolore dentale che scompare al semplice sedersi nella stanza d’attesa dell’odontoiatra. Ma c’è anche difficoltà respiratoria come campanello di allarme di patologie sottostanti, individuabili attraverso l’aiuto del medico.

 

Se il problema è occasionale e di scarsa evidenza, è utile apprestarsi a un’attività motoria graduata e a semplici esercizi di palestra. Quando il nostro cuore non è sufficientemente allenato, il minimo sforzo porta a una riduzione dei parametri di ossigeno nel sangue. Ecco allora che la frequenza del respiro deve aumentare, come accade durante i primi dieci minuti di corsa, per incamerare più aria possibile e riequilibrare i livelli di ossigeno necessari al benessere di tutti gli organi interni ed esterni.

 

C’è un primo rimedio casalingo, che si effettua sdraiandosi e ponendo le mani sull’addome; inspirare profondamente dal naso e espandere l’addome, riempiendo i polmoni di aria; trattenere il respiro per un paio di secondi: espirare lentamente attraverso la bocca e svuotare i polmoni; ripetere l’esercizio per 5-10 minuti.

 

Se l’insufficienza respiratoria ha evidenza continuata e manifestazioni concomitanti quali le labbra bluastre e la difficoltà di eseguire un qualunque esercizio, utile il ricorso all’ambulatorio medico per individuare il possibile collegamento a patologie di origine cardiaca o polmonare quali asma iniziale, broncopneumopatia cronica ostruttiva, infarto, embolia polmonare, bronchite e polmonite, insufficienza cardiaca, pneumotorace, tumore polmonare maligno e benigno, malattie neurologiche come la sclerosi multipla.

 

L’insufficienza respiratoria è stata una delle conseguenze più ricorrenti anche della stessa malattia da Covid. In casi di conclamato stress respiratorio, il medico è chiamato a una raccolta accurata dei dati (si chiama anamnesi), in cui il paziente dovrà riferire con accuratezza se il sintomo è insorto acutamente oppure è presente da tempo e peggiora con il passare del tempo. Se è percepito solo durante lo sforzo si dovrà individuare se è associato ad altri sintomi quali tosse, dolore toracico, senso di naso chiuso, starnutazioni, prurito o bruciore agli occhi e lacrimazione.

 

Dopodichè l’esame obiettivo potrà fornire l’indirizzo verso esami suppletivi quali il saturimetro, che è diventato l’amico di casa in tempi di Covid, un modo semplice e veloce per determinare in quale misura l’ossigeno raggiunge attraverso il sangue tutte le parti del corpo. Elettrocardiogramma e radiografia del torace diventano un complemento necessario in caso di dimostrata alterazione, accompagnati eventualmente dalla spirometria vera e propria. Si può ricorrere alla TAC se gli esami precedentemente elencati forniscono indicazioni di indagine ulteriore.

 

Il fiato corto, in definitiva, si colloca fra Scilla e Cariddi di una evenienza clinica importante, ma può trattarsi come già detto anche di una problematica minore od occasionale, purché si abbia l’avvertenza di fare attenzione senza tentare di esorcizzare il male con la pillola del menefreghismo. In questo come in altri casi è fondamentale guardare in faccia al problema senza allarmismi da ipocondriaci, ma anche senza volontaria trascuratezza.

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