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Farmaci innovativi, tre criteri che la ricerca deve rispettare

di
Alessandro Malpelo
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Due convegni hanno affrontato recentemente il tema dell’innovazione in farmacia. In Italia l’anno scorso sono stati riconosciuti dalle autorità regolatorie 53 farmaci innovativi, circa un terzo di tutti quelli esaminati e approvati. Perché è così importante questa attribuzione? Quale la differenza con equivalenti, biosimilari, o con prodotti medicinali che per vari motivi aggiungono poco o nulla a quanto è già contemplato dalla farmacopea ufficiale? Questo il tema di discussione di una tavola rotonda che si è svolta durante il Forum Pharma organizzato a Roma dalla Sif, Società Italiana di Farmacologia.

 

Scopo della ricerca

«L’innovazione è un elemento fondamentale del mondo del farmaco – ha spiegato Filippo Drago, professore ordinario di farmacologia, presidente del Centro HTA e discipline regolatorie (CERD) dell’Università di Catania – la ricerca ha come obiettivo principale quello di sviluppare terapie che possano curare malattie orfane di trattamento, farmaci più efficaci e più sicuri rispetto ad altri già disponibili». Un farmaco innovativo, quindi, cura una patologia fino a quel momento senza terapia, oppure segna un passo avanti in termini di efficacia e sicurezza rispetto a quelli già esistenti.

 

Tre criteri fondamentali

Per stabilire se un farmaco è innovativo esistono tre criteri, che negli ultimi anni sono stati aggiornati via via dall’Agenzia Italiana del Farmaco: il bisogno (1) che si basa sulla presenza o meno di valide alternative per debellare la malattia; il valore aggiunto (2) rispetto alle eventuali alternative disponibili; la qualità delle prove (3) che si basa sulla presenza o meno di dati solidi sull’efficacia terapeutica per la malattia per la quale un nuovo farmaco è stato studiato.

 

Procedure complesse

Garantire a tutti quelli che ne hanno bisogno l’accesso alle terapie innovative è importante, a patto che arrivino in farmacia e che i pazienti ne possano beneficiare in tempi ragionevolmente brevi. Questo è compito del sistema sanitario. «Innovativo dovrebbe indicare un farmaco che è altamente efficace, come lo sono stati i vaccini anti Covid, che avevano il 95% di efficacia» nel prevenire le forme gravi. Ma «non è corretto dire che tutto l’innovativo è altamente efficace», ha precisato Nicola Magrini, direttore generale Aifa.  Per quanto riguarda i fondi dedicati ai farmaci innovativi oncologici e non oncologici, ha concluso, «i dati mostrano un disavanzo, anche su questo si può avviare un ragionamento importante».

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