Medicina

Chi vive in un quartiere povero ha un rischio maggiore di demenza

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Un nuovo studio ha scoperto che esiste una correlazione fra il luogo in cui abitiamo e la possibilità di sviluppare la demenza avanti negli anni: chi vive in un quartiere benestante ha un rischio minore, mentre viceversa chi vive in un quartiere povero ha un rischio maggiore.

 

Guidata dalla Monash University di Melbourn, la ricerca ha analizzato i dati raccolti fra il 2016 e il 2020 su 4656 adulti di età compresa fra i 40 e i 70 anni, residenti in varie zone dell’Australia, tutti senza demenza diagnosticata o altre patologie neurologiche. L’indirizzo di residenza ha permesso di individuare lo status socio-economico del quartiere di ciascuno dei partecipanti, in base alle informazioni statistiche ufficiali del governo. I ricercatori hanno così osservato che le persone che abitano in zone ad alto reddito si comportavano meglio nei test sulla memoria e avevano una minore probabilità di sviluppare in seguito la demenza, rispetto alle persone che abitano in aree svantaggiate.

 

Lo studio si limita a individuare una correlazione e non stabilisce un rapporto causa-effetto. I ricercatori spiegano che a determinare questa differenza entrano in gioco numerosi fattori sociali, ambientali e psicologici: ad esempio i livelli di inquinamento e rumore, il tasso di criminalità, la disponibilità di spazi e strutture per la salute, l’educazione, le relazioni sociali e lo svago, eccetera. Nei quartieri benestanti esistono meno rischi “esterni” per la salute ed è più semplice adottare comportamenti corretti.

 

“Considerato che uno stile di vita sano è un fattore chiave per ridurre o rimandare il rischio di sviluppare la demenza”, dice l’autore principale Matthew Pase, “è importante che tutti abbiano accesso a servizi come palestre e piscine pubbliche, spazi verdi e assistenza sanitaria, ma purtroppo non è sempre così. È necessario continuare la ricerca per capire meglio gli ostacoli che incontrano le persone, in modo da mettere in atto a livello locale delle soluzioni efficaci per contrastare le disuguaglianze”.

 

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista JAMA Network Open.

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