Medicina

Cannabis terapeutica: ecco a chi può servire

di
Loredana Del Ninno
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Cannabis terapeutica, sì o no? Un recente studio del Karolinska Institute di Stoccolma mette in discussione l’utilizzo di tale sostanza nel trattamento del dolore cronico, assimilandone l’effetto a un placebo.  Una conclusione tuttavia non condivisa da diversi esperti. “Lo studio svedese – ribatte Marco Bertolotto,  medico specializzato in terapia del dolore alla Clinn di Milano ed ex primario della Terapia del dolore e cure palliative all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure – utilizza studi controllati randomizzati non adeguati a studiare gli effetti terapeutici di questa sostanza. Volendo semplificare un metodo di ricerca assai complesso, sarebbe come voler misurare l’altezza di una persona usando una bilancia”.

Quali patologie sono curabili con la cannabis terapeutica?

I suoi  principi attivi, il Thc e il Cbd, risultano efficaci in numerosi disturbi differenti tra loro, ma fortemente connotati da dolore cronico. Si parla di patologie neurologiche e neuro-degenerative, oncologiche, gastrointestinali fino a disturbi ginecologici come la vulvodinia e l’endometriosi. La cannabis medicale si rivela utile inoltre nel trattamento di malattie muscolo-scheletriche e della fibromialgia. Sono emersi risultati positivi nell’utilizzo pure in pazienti affetti da epilessia, insonnia e disturbi dello spettro autistico.

Il trattamento è legale?

Una legge del 2015 ammette l’utilizzo della cannabis terapeutica in specifici casi. Da patologie caratterizzate da spasticità associata al dolore, come la sclerosi multipla, al glaucoma resistente alle terapie convenzionali, fino alla sindrome di Tourette. La cannabis può essere utilizzata legalmente anche come analgesico nel dolore cronico quando l’utilizzo di antinfiammatori non steroidei, farmaci cortisonici o oppioidi si sia rivelato inefficace, per contrastare gli effetti collaterali di chemioterapia, radioterapia e delle terapie contro l’Hiv. L’utilizzo è consentito nel trattamento delle malattie infiammatorie e oncologiche. Rispetto a otto anni fa le ricerche sono andate avanti: attualmente esistono circa 17 mila pubblicazioni in più che dimostrano la validità della cannabis terapeutica per un numero di patologie maggiore di quelle inizialmente citate dal legislatore. Auspichiamo quindi da tempo l’aggiornamento della normativa, annunciato da vari governi.

Chi è lo specialista che può prescriverne l’uso?

Dal 2006 per legge qualsiasi medico, purché iscritto all’Ordine nazionale e abilitato alla professione, può prescrivere preparazioni a base di cannabis terapeutica, da assumere sotto forma di decotto, inalazione o vaporizzazione. Va detto però che si tratta di una procedura difficile, resa meno agile anche dalla mancanza di formazione in questo campo dei medici stessi.

La cura è a pagamento?

Sì. La cannabis viene venduta esclusivamente dietro presentazione di ricetta medica bianca nelle farmacie galeniche, pubbliche e private, negli ospedali e nelle Ausl. In alcune regioni la prescrizione è mutuabile limitatamente alle seguenti patologie: sclerosi multipla, paziente oncologico, glaucoma, anoressia nervosa, infezioni da Hiv, terapia del dolore, sindrome di Tourette. il paziente può ritirare la cannabis dietro pagamento di un ticket stabilito in base al reddito.

I pazienti segnalano però problemi di reperimento

Purtroppo il numero di farmacie galeniche attrezzate per elaborare il preparato in Italia è insufficiente. Su  20 mila farmacie, di cui circa 500 galeniche, solo un centinaio è in grado concretamente di fornire su richiesta farmaci a base di cannabinoidi.

Quali sono le formulazioni più comuni?

L’uso medico della cannabis prevede l’assunzione orale sotto forma di decotto o la somministrazione per via inalatoria, mediante l’uso di uno specifico vaporizzatore. La forma ad oggi più utilizzata è l’olio di cannabis.

Ci sono effetti collaterali?

Come per tutti i farmaci, dipende dalla quantità di preparato assunta. Nessun problema se si segue il dosaggio prescritto dal medico. Se invece lo si supera possono insorgere effetti collaterali, come ad esempio la tachicardia.

C’è un’età al di sotto della quale è bene non assumere i preparati?

Il cervello si sviluppa fino a 18 anni che è il limite di età normalmente stimato, proprio perché è necessario aspettare che si completi l’assetto delle reti neuronali. Ma se un bambino soffre di crisi epilettiche, ha una tetraparesi o è affetto da patologie oncologiche, la somministrazione di cannabis può rappresentare un sollievo per alleviare il dolore. È quindi fondamentale contestualizzare sempre la situazione e la patologia. L’assunzione di cannabis terapeutica è inoltre sconsigliata alle donne in gravidanza e durante l’allattamento perché il Thc ha un’azione di riduzione dello sviluppo delle reti neurali del feto.

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