L’esposizione all’inquinamento atmosferico dovrebbe essere inserito tra i fattori di rischio per il tumore ai polmoni, tanto quanto il particolato e il fumo. Lo rivela una ricerca canadese pubblicata su International Association for the Study of Lung Cancer, in cui è stato esaminato l’effetto della durata dell’esposizione all’inquinamento atmosferico sulla diagnosi di cancro ai polmoni.
Solo nel 2013, la International Agency of Research on Cancer (l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) aveva classificato come cancerogeni per l’uomo l’inquinamento atmosferico esterno e il particolato di 2,5 microgrammi per metro cubo (PM 2,5), ma si pensava che gli effetti dell’esposizione all’inquinamento atmosferico potessero impiegare dai 15 ai 20 anni per incidere davvero sul carcinoma polmonare.
I ricercatori canadesi hanno provato a confrontare un’esposizione triennale con quella ventennale in donne con diagnosi di tumore al polmone che non avevano mai fumato. E hanno scoperto che i nostri parametri dovrebbero essere rivisti.
Quello che è emerso ha sconcertato i ricercatori: i dati sono decisamente sottostimati. Collegando le località di residenza delle persone con i dati di esposizione al PM 2,5 ricavati dal satellite, si è visto che in alcuni paesi l’esposizione a breve termine (3 anni) al PM2,5 in realtà deve essere considerata ufficialmente uno dei fattori di rischio del tumore al polmone.
“Il nostro studio dimostra l’importanza di incorporare l’esposizione cumulativa a lungo termine agli inquinanti atmosferici nella valutazione del rischio individuale di cancro al polmone, in combinazione con i fattori di rischio tradizionali”, dichiarano gli autori “La nostra scoperta ha importanti implicazioni cliniche nella valutazione del rischio di cancro ai polmoni con la migrazione globale”.
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