Medicina

Autismo, trattamenti precoci per cambiare un futuro da disabili

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Autismo, che fare? Douglas Greer, 80 anni, studioso americano di chiara fama, è venuto in Italia per un ciclo di incontri con psicologi, terapisti, insegnanti e genitori, con l’intento di mostrare quali miglioramenti si possono ottenere, legati alla scienza applicata al comportamento, rinunciando alle barriere linguistiche, che talvolta diventano un ostacolo.

 

«La possibilità offerta dai trattamenti educativi precoci – spiega la sua allieva e interprete, Fabiola Casarini – ci permette di intervenire sulla prognosi dei bambini con autismo diagnosticato, cambiando quello che sarebbe un futuro di disabilità per tutta la vita». Greer ha preso parte alla European Conference on Applied Behavior Analysis, a Milano, si è poi recato in visita nei centri emiliani collegati alle onlus (www.errepiu.org) per incontrare la prima generazione dei bambini seguiti nei centri di apprendimento ispirati ai suoi insegnamenti, e che si occupano di autismo con o senza disabilità. Dentro un bambino con diagnosi di autismo c’è un individuo che inizierà a comunicare, se gli insegnano come fare, occorre avere il coraggio di esplorare nuove strategie per raggiungere lo scopo.

 

Questo uno dei concetti chiave portati avanti da Greer, che dirige il programma di Master e Dottorato in Applied behavior analysis (ABA) alla Columbia University di New York, uno degli studiosi viventi più autorevoli nel trattamento educativo per l’autismo. L’esperto ha smantellato un vecchio pregiudizio che per anni tendeva a bollare le madri, definite mamme frigorifero. Oggi sappiamo per certo che i genitori nulla c’entrano, e non vanno colpevolizzati.

 

A livello di apprendimento, poi, Greer ha mostrato come motivare gli studenti e suscitare il loro interesse. «Nella nostra scuola – precisa la dottoressa Casarini, che con Greer ha pubblicato un trattato intitolato Strategie educative Cabas – abbiamo raggiunto un risultato tangibile: 3 bambini su 7, di quelli che iniziano i trattamenti prima dei 2 anni d’età a 7 anni, non sono più diagnosticabili di autismo o altri disturbi dello sviluppo. Come associazione ci occupiamo anche di ragazzi adolescenti e adulti».

 

Le soluzioni però non sono immediate. «Divulghiamo i risultati solo da poco – conclude la psicologa ricercatrice – perché è corretto fare affermazioni dopo almeno un decennio di risultati stabili. In ogni caso siamo stati gli unici relatori europei invitati a Boston, al più importante convegno sull’autismo. Occorre infatti sposare un approccio dopo averne constatato tutti i vantaggi. Gli esperti di autismo devono essere anche i genitori stessi. Sono loro, attraverso eroismi quotidiani e battaglie sociali, a chiedere che i trattamenti precoci, e le informazioni, possano arrivare alla portata di tutti».

(Alessandro Malpelo)

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