Intervista

Augusto Vaglio: «Un circolo virtuoso tra ricerca e malattie rare»

di
Ilaria Ulivelli
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Professor Vaglio, per le malattie rare, proprio per la loro specificità, emerge sempre il problema della ricerca scientifica e in particolare dei fondi.

«Esatto, i fondi sono essenziali per sviluppare la ricerca e, in particolare, nel campo delle malattie rare, che data l’esiguità del numero di pazienti richiedono la costituzione di gruppi internazionali di ricercatori e di progetti di ricerca a lungo termine. Nel loro insieme, le malattie rare costituiscono un importante problema sanitario perché coinvolgono un’ampia fetta di pazienti. Inoltre, queste patologie colpiscono molto frequentemente la popolazione pediatrica».

 

Il numero di malattie rare è in aumento, proprio grazie alla ricerca e alle tecnologie che aiutano a scoprirle.

«Certo, questo aumento è sensibile, e l’avanzamento nella ricerca contribuisce ad ampliare e diffondere la conoscenza di queste patologie. Inoltre, spesso si instaurano dei circoli virtuosi in cui l’aumentata conoscenza di una malattia porta alla sperimentazione di nuovi farmaci, e queste opportunità terapeutiche portano a un maggiore interesse e a una maggiore sensibilità verso la malattia stessa».

 

Quanti sono in Italia i bambini curati per patologie rare e quante quelle che ancora non hanno una cura specifica?

«Non è possibile stabilire un numero di pazienti affetti, ma è noto che le malattie rare si concentrano in età pediatrica e che, peraltro, un’elevata quota di queste malattie è ancora misconosciuta. Le cure disponibili sono cresciute enormemente negli ultimi decenni, con l’avvento di nuovi farmaci biologici e terapie geniche».

 

Per i bambini farfalla ci sono state lunghe battaglie dei genitori, proprio per ricevere cure che non erano però riconosciute come valide. È nata un’associazione, “Voa Voa onlus, gli amici di Sofia“, proprio per aiutare questi bambini a raggiungere una diagnosi precoce con test neonatali: a che punto siamo?

«Grazie all’associazione Voa Voa e alle competenze diagnostiche del Meyer, è stato avviato un progetto che ha l’obiettivo di individuare in fase precoce i neonati affetti da leucodistrofia metacromatica, una malattia genetica rara, caratterizzata da un grave e progressivo coinvolgimento del sistema nervoso centrale e periferico. Fino a poco tempo fa non esisteva alcuna terapia per questa malattia, ma recenti studi hanno dimostrato che il trapianto di cellule staminali è in grado di ritardare l’esordio o rallentare la progressione della malattia, la terapia genica con cellule emopoietiche è stata riconosciuta come farmaco nel 2022».

 

Il Meyer è uno dei punti di riferimento a livello nazionale per le patologie rare. In particolare di quali ambiti?

«Non è possibile definire ambiti specifici, visto che tutte le discipline specialistiche del Meyer si occupano di malattie rare e attraggono pazienti da tutto il territorio nazionale. Peraltro, ben dodici unità del Meyer sono parte delle ventiquattro reti di riferimento europee (le European reference networks, Ern) per malattie rare di diversa natura, e per alcune di queste siamo l’unica realtà a livello italiano. Questa ampia rappresentatività nelle Ern garantisce un alto livello diagnostico e terapeutico. Le Ern offrono anche un sistema di consulenza telematica con specialisti internazionali per casi particolarmente rari e difficili da gestire».

 

Le nuove frontiere della ricerca quali passi hanno fatto tali da modificare sostanzialmente la sopravvivenza di questi piccoli pazienti?

«Le malattie rare sono un ambito ampio ed eterogeneo e la ricerca spazia dalla ricerca di base alla ricerca clinica. L’impulso alla ricerca nelle malattie rare viene dalla formazione di consorzi internazionali, che consentono di mettere insieme casistiche di pazienti di sufficienti dimensioni per poter attuare la sperimentazione clinica. Inoltre, un importante contributo viene anche dalle associazioni di pazienti, che spesso sono in grado di promuovere anche la comunicazione tra medici e lo sviluppo di progetti di ricerca».

 

Nell’ambito maggiormente pertinente della sua ricerca, la nefrologia, quali sono le scoperte che consentono ai bambini di evitare la dialisi?

«In nefrologia pediatrica la ricerca in campo di malattie rare si concentra prevalentemente sulle malattie genetiche e sulle malattie immuno-mediate. Pertanto, sia la scoperta di nuovi geni che causano malattie renali sia l’approfondimento dei fattori che disregolano la risposta immunitaria e quindi contribuiscono alla malattia renale hanno permesso di sviluppare nuove terapie. Nei pazienti con insufficienza renale cronica progressiva non esistono ancora terapie in grado di evitare la dialisi, ma alcuni approcci terapeutici sono in grado di rallentarne l’evoluzione».

 

il profilo

Augusto Vaglio è professore associato in Nefrologia all’Università di Firenze e svolge la sua attività assistenziale alla Nefrologia dell’ospedale pediatrico Irccs Meyer di Firenze, dove è coordinatore delle malattie rare. Direttore della Scuola di specializzazione in Nefrologia, la sua attività di ricerca si incentra sullo studio delle malattie rare immuno-mediate con coinvolgimento renale quali le vasculiti, il lupus eritematoso sistemico, le malattie fibroinfiammatorie.

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