Sotto le Due Torri è stato compiuto un passo avanti nella conoscenza dell’atrofia multisistemica, Msa, dall’inglese Multiple System Atrophy, malattia rara, neurodegenerativa, ad andamento progressivo, che esordisce in individui adulti con età media di 55-60 anni.
I professionisti dell’Irccs Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, dove sono seguiti 40 pazienti colpiti dalla Msa, hanno contribuito alla definizione dei nuovi criteri diagnostici internazionali, coordinando la parte metodologica e condividendo conoscenze e competenze cliniche, con un team di esperti mondiali. Il lavoro è durato tre anni e sono state integrate le conoscenze basate sulla revisione sistematica della letteratura sull’argomento con l’opinione degli esperti, attraverso metodi di raggiungimento di consenso equo e trasparente.
«Lo scorso aprile è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Movement Disorders l’articolo sui nuovi criteri diagnostici, molto atteso dalla comunità scientifica e medica internazionale come dimostra il fatto che lo studio a settembre sia stato nominato come articolo dell’anno della rivista in base all’impatto scientifico della pubblicazione», spiega Giovanna Calandra Buonaura, neurologa ed esperta della malattia, impegnata nella ricerca insieme al neurologo e metodologo Luca Vignatelli e a Pietro Cortelli, direttore dell’unità operativa Clinica neurologica e rete metropolitana e direttore operativo dell’Istituto.
«I precedenti criteri diagnostici pubblicati nel 2008 non permettevano una accuratezza diagnostica ottimale della malattia, soprattutto nelle prime fasi, potendosi manifestare l’atrofia multisistemica con molteplici sintomi, come rigidità, disturbo dell’equilibrio, disturbi urinari, difficoltà di controllo della pressione arteriosa, disturbi respiratori nel sonno, alcuni in comune con altre malattie neurodegenerative come la malattia di Parkinson – osserva la specialista –.
La finalità dei nuovi criteri, raggiunta attraverso una analisi rigorosa delle evidenze scientifiche e alla introduzione di nuovi marcatori di malattia, ottenuti attraverso le nuove metodiche neuroradiologiche, come la presenza di anomalie della risonanza magnetica dell’encefalo, è stata indirizzata principalmente a un miglioramento dell’accuratezza diagnostica nelle fasi precoci di malattia e questo permetterà di trattare le manifestazioni cliniche ad essa associate con un impatto sui tempi di sopravvivenza e sulla qualità di vita della Msa, la cui prevalenza va da uno a cinque casi su 100mila abitanti».
Attualmente sono disponibili trattamenti mirati ai singoli sintomi che contribuiscono a migliorare la qualità di vita e prevenire le complicanze, tuttavia la neurologa sottolinea «l’importanza della diagnosi precoce, che può favorire l’inclusione dei pazienti in studi clinici internazionali con i farmaci sperimentali che verranno proposti per rallentare o arrestare il processo neurodegenerativo».
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