Medicina

Arterie calcificate, ecco la micro-fresa per ripristinare la corretta circolazione sanguigna

di
Gloria Ciabattoni
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Maria Cecilia Hospital di Cotignola (RA), Ospedale di Alta Specialità accreditato con il SSN, è uno dei pochi centri in Italia ad utilizzare l’aterotomo orbitale, una tecnologia che permette di trattare i vasi periferici e di intervenire anche nei pazienti che non hanno opzioni per la risoluzione definitiva della problematica ostruttiva. Questo dispositivo di ultima generazione, utilizzato tramite accesso mininvasivo, permette la disostruzione e la rivascolarizzazione delle arterie calcificate, rimuovendo le placche arteriose e rimodellando il vaso dall’interno attraverso la procedura denominata aterectomia.

 

«L’aterotomo orbitale è costituito da una piccola fresa, che si attiva con un comando esterno, la quale permette in primis di raggiungere i vasi distali fino al piede – spiega il dott. Mariano Palena, coordinatore dell’area endovascolare a Maria Cecilia Hospital – e compie un lavoro selettivo all’interno del vaso: rimuove, infatti, la placca che ostruisce l’arteria senza ledere la parete dove invece non è presente. L’aterotomo orbitale offre un altro grande vantaggio: i detriti che si generano nella fase di rimozione della placca sono di dimensioni piccolissime (inferiori al diametro dei globuli rossi) e questo impedisce che si verifichino embolie distali 31(migrazione dei detriti all’interno dell’albero vascolare)».

 

Nei casi gravi di occlusione questo dispositivo è l’unica opzione terapeutica percorribile, date le difficoltà nel raggiungere e dilatare il vaso tramite i palloncini generalmente utilizzati a causa della rigidità della parete. L’aterotomo interviene dunque in questi casi e permette di rimuovere o di ridurre le placche di calcio dalle arterie e poi di dilatarne e rimodellarne le pareti per un risultato ottimale nella maggioranza dei casi. La durata dell’intervento di aterectomia dipende da molteplici fattori: la diffusione della patologia all’interno dei vasi, il tempo per raggiungere i vasi distali e molto altro. La procedura consente al paziente di riacquisire la corretta circolazione sanguigna degli arti inferiori, con diminuzione di dolori a riposo. Questa operazione è sempre legata ad un percorso di cura, con una degenza presso Maria Cecilia Hospital, durante i quali il paziente si sottopone a visite diagnostiche, procedure chirurgiche per disostruire le arterie occluse e medicare eventuali ulcere. Il paziente diabetico con lesioni agli arti inferiori è seguito dall’équipe multidisciplinare del Centro per il trattamento del piede diabetico.

 

I PRIMI SINTOMI

 

Meno sensibilità e lesioni ulcerose

 

Come si manifesta il piede diabetico? Il sintomo più evidente è la perdita di sensibilità nei piedi, verso gli stimoli termici, tattili e dolorifici. Il danneggiamento dei nervi può far perdere al piede la sua fisionomia, creando deformità sulle quali si formano aree di ipercarico patologico che possono provocare ulcere (in zone come la superficie plantare dell’avampiede o del mesopiede e all’apice delle dita, che presentano deformità a martello o ad artiglio). Nella deambulazione si creano zone di pressione dove insorgono lesioni ulcerative che, se trascurate, si possono infettare ed arrivare alle strutture osteoarticolari. È fondamentale quindi recarsi in un Centro specializzato in grado di gestire la patologia con un approccio multidisciplinare.

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