Medicina

Antidepressivi efficaci e sicuri anche per i pazienti cardiopatici

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Gli antidepressivi non rappresentano un pericolo per le persone con malattia cardiaca, né per chi ha avuto un infarto miocardico, né per chi soffre di dolore toracico funzionale e né per chi è affetto da una malattia coronarica. Per questi pazienti il trattamento farmacologico contro la depressione è efficace tanto quanto lo è per coloro che non hanno alcun problema cardiologico. Sono inoltre sicuri, anche se un po’ meno efficaci, per i pazienti con lombalgia o con lesioni cerebrali traumatiche. A fare chiarezza una volta per tutte sul timore infondato che gli antidepressivi non siano una terapia indicata per coloro che hanno una o più malattie fisiche, è stata un’ampia revisione sistematica e meta-analisi, pubblicata sulla rivista JAMA Psychiatry.

 

«La depressione è la patologia mentale più frequente in Italia, con oltre 3 milioni di persone che soffrono di sintomi depressivi –, spiega Claudio Mencacci, direttore emerito di Neuroscienze all’Ospedale Fatebenefratelli-Sacco di Milano –. È dimostrato che tra i malati di patologie croniche diffuse, come il diabete o l’insufficienza cardiaca, in Italia l’incidenza della depressione è del 30%». Ma la relazione è bidirezionale. «Anche chi è depresso ha una possibilità maggiore di ammalarsi di patologie croniche. Per questo è fondamentale avere ben chiaro quali siano le opzioni di trattamento per i pazienti con depressione e altre comorbidità –, specifica Mencacci –. Sappiamo anche che il decorso della malattia fisica è peggiore nei pazienti che soffrono anche di depressione. Quindi, trattare questi pazienti con antidepressivi in aggiunta ad altre misure terapeutiche può essere davvero di grandissimo aiuto».

 

Si tratta di una buona notizia per le persone con depressione e problemi di salute fisica, ed è molto rilevante per la pratica clinica. Tuttavia, rimane la necessità di fare attenzione alle eventuali controindicazioni e interazioni con altri farmaci. «Per fortuna però oggi esistono molti antidepressivi con meccanismi d’azione diversi – conclude Matteo Balestrieri, direttore della Clinica Psichiatrica dell’Azienda Sanitaria Universitaria di Udine Balestrieri –. Quindi, quasi sempre, esiste almeno un farmaco adatto per trattare la depressione per ogni paziente, a prescindere dalla storia medica. È molto importante, naturalmente, la corretta gestione della terapia, una volta iniziata. Come per ogni tipo di paziente».

 

Quell’altalena dell’umore che preoccupa: troppo spesso la diagnosi è in ritardo

 

Prima un’inspiegabile tristezza, stanchezza e apatia. Poi una fase di apparente benessere, euforia, coraggio e spregiudicatezza. Giù e su, poi ancora su e giù: convivere con un disturbo bipolare è come rimanere per sempre su un’altalena. Ma scendere si può, a patto di seguire le giuste terapie, che troppo spesso vengono prescritte in grandissimo ritardo a causa di diagnosi mancate ed errate. Il disturbo bipolare, infatti, viene troppo spesso confuso con la depressione e la diagnosi corretta può arrivare con dieci anni di ritardo.

 

Per questo la Società Italiana di Psichiatria (SIP) lancia un appello ai medici e agli specialisti affinché non cadano nel tranello di diagnosi frettolose e sbagliate. E lo fa direttamente la presidente SIP, Emi Bondi. «Un disturbo bipolare curato male, come se fosse ad esempio una ‘normale’ depressione, può avere conseguenze importanti sulla vita dei pazienti – spiega Bondi –. È bene dunque ascoltare con attenzione i pazienti e fare un’accurata anamnesi con l’aiuto dei famigliari per evitare di prescrivere terapie inadeguate che possono peggiorare la situazione anziché migliorarla».

 

Il disturbo bipolare è una patologia psichiatrica piuttosto diffusa. Si stima che a soffrirne sia tra l’1 e il 2% della popolazione italiana, circa 120mila connazionali. In tutto il mondo si stima che siano ben 80 milioni le persone a soffrirne. «Anche se si tende a volte a ironizzare sulla ‘bipolarità’ delle persone, si tratta di una malattia seria, che rientra tra i disordini psichici – continua Bondi –. Ma se intercettiamo bene e precocemente la patologia, con l’utilizzo degli stabilizzatori umore è possibile curare benissimo il paziente che può vivere così tranquillamente».

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