Si è concluso il viaggio in Italia di #Here for You, l’unità mobile di Medtronic finalizzata a sensibilizzare medici e cittadini sui nuovi trattamenti per l’aneurisma dell’aorta addominale. Da Roma (San Camillo Forlanini, Policlinico Gemelli, e Azienda ospedaliera universitaria Sant’Andrea), la carovana ha toccato le città di Napoli, Bari, Bologna, Padova per concludersi a Milano, presso il Gruppo Ospedaliero San Donato. In dieci giorni il tour ha fatto tappa dunque presso i principali ospedali in Italia mettendo in campo percorsi formativi per medici specializzandi e offrendo ai cittadini informazioni su una patologia che in Italia colpisce 84mila persone con circa 25mila nuovi casi diagnosticati ogni anno.
Chirurghi vascolari e cardiochirurghi hanno spiegato che l’aneurisma è una dilatazione permanente dell’aorta, principale arteria del corpo incaricata di portare il sangue arterioso a tutti gli organi e tessuti. La rottura dell’aneurisma può generare una gravissima emorragia. La maggior parte degli aneurismi interessano la porzione addominale dell’aorta, con un’incidenza tripla negli uomini e una correlazione diretta con l’età. Nell’era delle tecniche endovascolari, piattaforme dedicate hi-tech e simulatori sono l’ultima conquista in questo campo: permettono il training dei giovani chirurghi e un accurato studio preoperatorio che consente la minimizzazione dei rischi anticipando le possibili complicanze.
L’iniziativa promossa da Medtronic ha messo a fuoco i cinque fattori di rischio per l’aneurisma aortico addominale: 1. soggetti maschi di età superiore ai 65 anni; 2. fumo, 3. ipertensione, 4. aterosclerosi 5. familiarità. La maggior parte degli aneurismi dell’aorta addominale si possono rilevare attraverso un’ecografia dell’addome. In caso di diagnosi è indispensabile un trattamento tempestivo. La terapia chirurgica, l’unica possibile, attualmente, si basa in una larga percentuale di casi sulla esclusione endovascolare dell’aneurisma. Tale tecnica, in uso nella pratica clinica da circa 20 anni, può essere realizzata con bassa invasività anche in pazienti fragili, attraverso l’utilizzo di tecnologie evolute sia nell’imaging sia per la disponibilità di endoprotesi sempre più sofisticate.
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