Medicina

Allergie di primavera: reazioni crociate tra pollini e alimenti

di
Maurizio Maria Fossati
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Primo giorno di primavera. Puntuali, anzi quest’anno perfino in anticipo, sono arrivate le fioriture di betulle, ontani, noccioli (betullacee) e di cipressi e ginepri (cupressacee). Presto in arrivo anche i pollini delle graminacee, di olivo, frassino e gelsomino (oleacee), di platani e parietaria. E così riprende il calvario della maggior parte delle persone che soffrono di allergie stagionali ai pollini. In Italia, una persona su 5 è vittima di rinite allergica: occhi che lacrimano e prudono, naso chiuso che gocciola, starnuti, pruriti rinofaringei. E tutto ciò dipende dalla risposta sbagliata ed eccessiva del sistema immunitario che dovrebbe, invece, solo difenderci dall’attacco di virus e batteri patogeni.

 

Può accadere, infatti, che il sistema immunitario perda la tolleranza di alcune sostanze innocue, individuandole come “nemici”. Così, pollini (ma anche acari della polvere, forfora di animali, alimenti e così via) entrano nel mirino. Le sostanze che provocano allergia vengono chiamate allergeni. E il malessere che si sviluppa dal loro contatto può interessare tutto l’organismo. La rinite allergica è il sintomo più comune, ma, se trascurata, negli anni il paziente può sviluppare asma bronchiale. Le cure, quindi, oltre a fare stare meglio nell’immediato, evitano l’aggravarsi della malattia nel tempo. La vaccinazione, cioè l’immunoterapia specifica, è l’arma principale, più efficace e sicura per combattere le allergie.

 

Certo, gli antistaminici possono essere i rimedi last-minute per chi non si è vaccinato, ma la terapia vaccinale è l’unica cura che permette al sistema immunitario di sviluppare la tolleranza agli allergeni, e può fare sparire i disturbi agendo sulle “cause” della malattia. Recenti studi hanno accertato che la terapia vaccinale completa è coronata da successo in oltre l’80% dei casi.

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha etichettato l’allergia come un’epidemia in preoccupante crescita. E questo, particolarmente in primavera quando la natura “rinasce” e le fioriture spargono nell’aria enormi quantità di pollini. Soprattutto negli ultimi decenni, infatti, le piante hanno prodotto più polline e con nuove proteine allergeniche per difendersi dall’inquinamento atmosferico e dagli stress ambientali. È la spinta alla sopravvivenza messa in atto dalla natura. Ma non solo. Il particolato fine (PM10, PM2,5) presente nell’aria irrita e infiamma le mucose respiratorie peggiorando in questo modo tutte le patologie allergiche. Un’altra nota dolente sta nel fatto che il 70% delle persone allergiche ai pollini soffre di reazioni allergiche crociate con gli alimenti.

 

Le principali “cross reazioni” avvengono tra pollini e alimenti di origine vegetale, tra acari e crostacei/gasteropodi e tra lattice e frutta esotica come banana, avocado, ananas. Ma qual è il meccanismo che innesca un’allergia crociata? La causa è la somiglianza strutturale tra due allergeni che possono assomigliarsi anche per ’aspetto molecolare. Per esempio l’’allergene PR10 (Pathogenesis-related protein) è presente nel polline di betulla, ma anche in alimenti come kiwi, mela, sedano, nocciole, carote, prugne, pesche, albicocche. Queste proteine (PR 10 e profiline) sono gastrolabili e termolabili, quindi la cottura e l’acidificazione le inattiva impedendo l’instaurarsi di reazioni allergiche gravi.

 

Ma ingerire frutta “cruda” nei soggetti allergici può determinare prurito alla lingua e al palato. E, purtroppo, vi sono anche proteine termostabili e gastrostabili: le LTP (lipid transfer protein) che possono essere responsabili di reazioni allergiche gravi che possono arrivare a procurare anche uno shock anafilattico.

 

La situazione, quindi, è complessa. E, al momento della diagnosi di un’allergia ai pollini, l’allergologo dovrebbe informare sull’esistenza delle eventuali allergie crociate e sulle correlazioni più frequenti. Un consiglio che diamo è evitare l’’ingestione degli alimenti che provocano prurito al cavo orale e parlarne con lo specialista. In molti casi, i pazienti con allergie crociate migliorano dopo un ciclo completo di ’immunoterapia’ specifica. Per individuare i vaccini più adatti a ogni paziente ci si deve sottoporre al “prick test” con preparati che permettono di diagnosticare la sensibilizzazione alla profilina e alla LTP della pesca, esami che vanno integrati con la ricerca e il dosaggio delle IgE specifiche.

 

Immunoterapia specifica, come funziona

L’immunoterapia specifica ha questo nome perché il vaccino viene preparato e somministrato per agire in modo “specifico” contro uno o più allergeni. Oggi, i vaccini antiallergici possono essere assunti per bocca: alcune gocce o una pastiglia da mettere sotto la lingua al mattino prima di colazione. Ogni dose contiene una minuscola quantità della sostanza responsabile della reazione allergica in modo da “abituare” l’organismo all’allergene. Così, col procedere della cura, l’organismo si desensibilizza.

 

È il medico di famiglia che verifica i sintomi e fa l’impegnativa per richiedere una visita allergologica e i test diagnostici: il “prick-test” consiste in una serie di micropunture sulla pelle degli avambracci. Su ogni micropuntura viene deposta una goccia di allergene diverso. Dove per reazione si sviluppa prurito e gonfiore, il classico “ponfo rosso”, significa che c’è allergia al prodotto. In base al diametro del ponfo, si deduce l’intensità della manifestazione allergica.

 

E saranno queste le indicazioni che, accanto all’esame del sangue (dosaggio Ige specifiche), permetteranno all’allergologo di ordinare il vaccino su misura per ogni paziente.

 

La cura per i pollini deve iniziare prima della fioritura delle piante alle quali si è allergici. Dura qualche mese, ma deve essere ripetuta per 4-5 anni consecutivi. Alla fine, i benefici saranno stabili.

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