Governo, Mattarella verso il sì al premier di Lega e M5s

Perplessità sul nome di Giuseppe Conte ma difficile che il capo dello Stato metta veti Di Maio e Salvini vicepremier. Nella squadra ancora caselle vuote

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (Ansa)

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (Ansa)

Roma, 21 maggio 2018 - Semaforo verde per il premier, arancione per la squadra, in particolare per il ministero dell’Economia. Il sospirato nome è arrivato, corredato anche dalla lista di tutti i ministri, particolare questo che non è piaciuto affatto al Quirinale. Del resto, il Capo dello Stato aveva già segnalato in varie occasioni che la procedura costituzionalmente corretta non prevede che siano i partiti a presentare la squadra: il compito spetta al presidente del Consiglio che li sottopone poi al vaglio del Colle al quale spetta l’ultima parola. Nessun pacchetto chiuso, insomma.

Per quanto riguarda il premier, tutto lascia pensare che questo pomeriggio, quando Di Maio e Salvini – assieme ai rispettivi capigruppo parlamentari – saliranno sul Colle per indicare il prescelto, difficilmente metterà veti, anche se per l’incarico ufficiale poi bisognerà attendere 24 ore. È presumibile, infatti, che il Capo dello Stato si vorrà prendere un po’ di tempo per riflettere sull’esito dei colloqui. Non che non manchino perplessità sull’ipotesi più accreditata, quella del professore Giuseppe Conte: il Presidente avrebbe preferito un nome più pesante o per autorevolezza a livello internazionale o per forza parlamentare. Però non vuole far saltare tutto dimostrandosi pregiudizialmente ostile al governo giallo-verde, anche perché risulta evidente che il gioco tattico di M5s e Lega non è ancora terminato: qualche malizioso ieri leggeva le provocatorie dichiarazioni di Salvini sul Colle come l’indizio di una volontà di sfilarsi dalla partita, altri invece giuravano che Di Maio ancora avrebbe qualche mira su Palazzo Chigi. Di certo, il Capo dello Stato è intenzionato a non mostrare all’estero che in Italia tira un’aria da conflitto istituzionale.

Diverso il discorso sui ministri: l’elenco sarà passato con la lente d’ingrandimento da Mattarella. In particolare, gli occhi del Quirinale sono puntati sul dicastero dell’Economia: grande è la preoccupazione per la figura che prenderà il posto di Padoan. Al di là delle rassicurazioni formali sull’appartenenza dell’Italia all’euro, è proprio il programma giallo-verde che viene vissuto da Bruxelles in modo problematico, come ha dimostrato l’aumento dello spread dopo la diffusione della prima bozza.

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Per quanto siano state tolte le parti più provocatorie sotto la discreta spinta del Quirinale, resta il fatto che sarebbe letteralmente impossibile conciliare il rispetto degli impegni Ue con quanto previsto nel contratto. Tante voci e indiscrezioni circolano per la poltrona di via XX Settembre: l’ultima, di fonte leghista, vedeva in pole position Paolo Savona, figura di rilievo pur se ultra-ottantenne ma severamente contrario al trattato di Maastricht.

Una scelta che suonerebbe come una dichiarazione di guerra all’Europa. Difficile dire come reagirebbero alla notizia – prima ancora del Quirinale – le agenzie di rating, in grado di condizionare, come è noto, le sorti della nazione. Certo è che, in questo clima, l’idea di mettere in campo un economista anche prestigioso e tuttavia contrario all’attuale struttura dell’euro fin dalle origini può solo peggiorare la situazione rendendo più acute le tensioni. Per questo Mattarella si riserva di discuterne non certo con i capi dei partiti ma con il presidente del consiglio: in un posto tanto delicato, dopo l’avvertimento del ministro dell’economia Francese Le Maire («L’Italia rispetti gli impegni»), serve un figura al di sopra di ogni sospetto. Mettiamola così: la curva dello spread domani somiglierà ad un voto di fiducia dei mercati su questo governo. Dunque è chiaro che con un orecchio, il capo dello Stato ascolterà ciò che gli diranno i suoi due interlocutori. Con l’altro, però, vaglierà attentamente le notizie che arrivano da Piazza Affari.

Non meno delicati, sempre per i rapporti internazionali, il dicastero degli Esteri e quello della Difesa. Per quanto riguarda il primo, è chiaro che verrebbe considerata assai rassicurante la presenza alla Farnesina di Giampiero Massolo: una lunga carriera da consigliere nelle istituzioni italiane ed europee, ora presidente dell’Ispi, Istituto di politica internazionale. Quanto all’altra casella problematica dopo le dichiarazioni filo russe di Salvini – quella della Difesa, il Colle non teme l’uscita dalla Nato ma è chiaro che andrà con i piedi di piombo. Del resto, sarebbe un inedito vedere attribuire allo stesso partito questo dicastero e il Viminale.