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Una svolta nel segno dell’identità: la terra dei rossi più forte all’estero

di LORENZO FRASSOLDATI -
11 aprile 2022
Close-up shot of young sommelier smell red wine on wine cellar background.

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La Puglia, le tante Puglie del vino. Il rinascimento del vino pugliese ha visto come protagonista l’ex assessore regionale Dario Stefàno (oggi senatore Dem) che ha impresso una svolta verso la qualità e l’identità a una regione che nel secolo scorso era una delle grandi fornitrici di prodotto indistinto al nord Italia ed Europa, vini da taglio per arricchire vendemmie esangui. Oggi il settore vitivinicolo rappresenta una delle più importanti filiere del sistema agroalimentare della regione e del Paese. La viticoltura da vino in Puglia annovera circa 11 mila aziende agricole e circa 600 cantine (fonte: Camere di Commercio, 2020). La superficie regionale destinata alla vite è pari a circa 89.000 ettari, circa il 10% del dato nazionale (fonte Sian 2020). La produzione di vino pugliese ha seguito un andamento crescente negli ultimi anni (circa 9 milioni ettolitri produzione nel 2020,un po’ meno nel 2021, fonte Sian), pari a circa il 20% del totale nazionale. La ricchezza produttiva è testimoniata dalle 29 Denominazioni di origine controllata, Doc; dalle 4 Docg (Denominazioni di origine controllata e garantita) e dalle 6 Igt (ndicazioni geografiche tipiche). Le tante Puglie del vino, si diceva. Perché una cosa è il Tavoliere, cioè la Daunia e la Capitanata; altra cosa sono le Murge (alta pianura e colline fino ai 600-700 metri), da quelle baresi a quelle di Brindisi e Taranto. Ultimo, ma non da ultimo, il Salento. Oggi la Puglia rimane una regione di grandi quantità (seconda produttrice in Italia dopo il Veneto) ma si è ritagliata anche uno spazio crescente nell’export: è ottava nella classifica delle esportazioni con quasi 180 milioni di euro di controvalore nel 2021 (+8%) , soprattutto grazie ai suoi rossi principe: Negroamaro e Primitivo. Al boom del Negroamaro (primi anni Duemila) è seguito quello del Primitivo che oggi è sempre più il vitigno di riferimento della regione per i valori qualitativi. Terra di rossi: le uve dominanti sono Nero di troia, Primitivo e Negroamaro. Quest’ultimo entra in mille uvaggi, facendo da base per un’altra grande categoria di vini della regione (in particolare del Salento) che sono i rosati, che si può dire siano nati qui nel 1943 quando la cantina Leone de Castris a Salice Salentino produsse il mitico Five Roses per il generale americano Charles Poletti. Per decenni il Five Roses è stato il pioniere della categoria, quasi un unicum. Adesso i rosati, o vini ‘rosa’, sono un fenomeno emergente e strutturato, legato ai nuovi consumi di giovani e donne per aperitivi o aperi-cene. Tra le uve bianche vanno citati il Fiano e il Verdeca. Il caso degli ultimi anni è certamente quello del Primitivo di Manduria: oltre 23 milioni di litri prodotti nel 2021 (+ 2 milioni rispetto al 2020) che equivalgono a più di 30 milioni di bottiglie (+ 2 milioni rispetto al 2020) con un fatturato di 195 milioni di euro (+12 milioni rispetto al 2020) e un export che sfiora il 70%. E c’è la corsa a comprare vigna nei 18 comuni tra Taranto e Brindisi della denominazione dove sono iscritti a registro circa 5mila ettari vitati.