Afghanistan, perché gli Usa hanno lasciato il Paese e perché i talebani avanzano

È un altro Vietnam dove l'Occidente non ha perso solo la guerra ma anche la credibilità

I talebani avanzano verso Kabul (Dire)

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Roma, 13 agosto 2021 - Una sconfitta annunciata. La gestione dell'intevento internazionale in Afghanistan era iniziata nel 2001 con i migliori auspici: sul terreno le forze che avevano sconfitto i talebani - dopo la martellante e decisiva campagna aerea occidentale - erano essenzialmente le forze dell'Alleanza del Nord, quindi forze afghane. Ma l'America di Bush perse subito l'interesse e abbandonò l'Afghanistan a se stesso per una nuova guerra, in Iraq. E fu perso il momento magico che avrebbe potuto cambiare il destino dell'Afghanistan, un Paese da far crescere economicamente e socialmente in primis, se davvero si voleva dargli un destino diverso (e salvaguardare anche  i nostri interessi strategici). Le scelte furono taotalmente diverse e quando si tornò a focalizzarsi sull'Afghanistan lo si fece in una logica puramente militare, senza dare autonomia al governo locale che di fatto fu poco più di un protettorato americano. Non si è capito il Paese, nella sua estrema complessità e si sono applicate soluzioni semplici, che prendevano a modello l'Occidente e come tali non potevano funzionare. Invece di aiutare il Paese economicamente, educando, creando sviluppo e convicendo gli afghani che l'Occidente e la modernità erano una opzione possibile (applicata anche in altri Paesi islamici) per uscire da una povertà secolare e un sottosviluppo profondo, si sono scelte le armi, e anche qui, in manera non adeguata. Il risultato è che l'Occidente è diventato il soggetto che bombardava e uccideva gli afghani.  L'occupante, e gli occupanti hanno, prima o poi, il destino segnato in Afghanistan. 

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Anche la costituzione dell'Ana - Afghan National Army, l'esercito afghano - e della polizia afghana fu gestita male e costellata da una costante disorganizzazione e da altissimi tassi di abbandono del personale. Dei 180 mila uomini dell'Ana, divisi in 7 corpi d'armata, quelli relamente operativi sul terreno erano i commandos e le forze spaciali, 30 mila uomini in totale, che erano quelli meglio motivati, addestrati e pagati. Gli altri, al più, facevano scena. E specialmente la polizia afghana, militarizzata e presente nei villaggi, e quindi primario target talebano, era come "carne da cannone" e come tale si sentiva. Normale che anche qui le defezioni fossero tantissime.

Lo Stato centrale afghano era ed è molto inefficiente e largamente corrotto. E non è sentito come proprio dagli afghani. Una volta che gli occidentali se ne sono andati, il castello di carte non ha retto. C'era la convinzione comune che il ritorno dei talebani fosse inarrestabile, chi poteva si defilava, avviava trattative parallele con i fondamentalisti, per salvarsi la vita e magari la carriera. E' stato un fuggi-fuggi. E cosi la profezia si è autorealizzata. Per questo nella maggior parte dei casi le città sono state perse dall'Ana senza combattere, nonostante i soldati afghani fossero stati non solo addestrati ma anche armati dall'Occidente e quindi avrebbero avuto i mezzi per opporre una resistenza sostanziale. Inoltre non pochi soldati sono passati ai talebani, così come governatori provinciali, come accaduto a Ghazni.

L'Ana era un edificio fragile, con troppi generali (lo stesso numero di quelli degli Stati Uniti) e poca motivazione. In un Paese nel quale contano quasi esaclusivamente  le etnie e le appartenenze tribali nessuno, o quasi, voleva e vole  davvero "morire per Kabul", e l'aver creato corpi d'armata con reclute miste provenienti dai quattro angoli del Paese non ha aiutato. Meglio sarebbe stato se fossero stati soldati locali, che combattevano per il loro villaggio, per la propria etnia. Gli americani non conoscevano l'Afghanistan e - come sempre convinti di avere le soluzioni in tasca, a prescindere - non si sono neppure sforzati a capirlo e così hanno imposto un modello sbagliato i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti.  Una guerra infinita non ha creato una democrazia ma ha prodotto un altro disastro. 

Nell'esito tragico di questa vicenda naturalmente è stata essenziale la decisione americana, formalizzata da Donal Trump e attuata da Joe Biden, di disimpegnarsi a prescindere, anche se il lavoro non era concluso, anche se la situazione era a un passo dal baratro. Gli accordi bilaterali di Doha sono stati interpretati dai talebani come una carta bianca per riprendersi quello che sentivano loro. È quindi occidentale, e in particolare americana, la responsabilità di quello che sta succedendo: per ragioni di poltica interna, l'Afghanistan è stato abbandonato. E pazienza per i morti e le enormi cifre spese - 2,2 trilioni di dollari dei quali quasi 900 miliardi in spese dirette del Diparttimento della Difesa americano - delle quali ha beneficiato in larga parte il complesso industriale militare e le banche (570 miliardi di interessi sui prestiti). 

L'uscita, forse inevitabile dopo 20 anni, andava gestita molto meglio, garantendo per qualche anno una vera copertura aerea alle operazioni dell'Ana e un nucleo di supporto di forze sul campo che potessero assistere gli afghani nelle operazioni, coodinando logistica, dispiegamento, trasporti e soprattutto le azioni militari con un supporto aereo ravvicinato alle truppe sul territorio. Si è scelto di andaresene punto e basta e questo è il prevedibile risultato: un'altra guerra persa come il Vietnam. Dopo l'Afghanistan nessun popolo potrà credere che davvero gli stiamo portano democrazia e pace. Penserà, a ragione, che lo facciamo per i nostri interessi e che li abbandoneremo quando ci sarà più comodo. E anche questo è un danno collaterale geopolticamente devastante. 

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