Elisabetta II dalla guerra ai punk, la regina dei due secoli

Icona pop e simbolo di tradizioni, nei suoi 70 anni di regno ha attraversato crisi familiari (dalla morte di Lady Diana allo strappo del nipote Harry). Solo la morte del marito Filippo l'aveva davvero piegata

Pareva immortale. Come certi miti della Vecchia Inghilterra che amiamo sentirci narrare: le cravatte dei college esclusivi, le corse ad Ascot, le case georgiane tutte bianche di Kensington, i cottage e i cimiteri di campagna, miss Marple, Harry Potter e James Bond. Vestigia che sono un’inesauribile fonte di serie televisive anche grazie a lei: Elisabetta II (morta oggi all'età di 96 anni) le riassumeva tutte in una vita dedicata a mantenere credibile un ruolo impossibile in qualsiasi altra monarchia europea, dove le teste coronate sono solo materiale da rotocalchi. Sotto il suo regno infinito, la Gran Bretagna ha realizzato la sintesi fra tradizioni che sembrano esserci sempre state – da Arthur Conan Doyle alla Battaglia d’Inghilterra – e la realtà di una nazione crocevia del potere finanziario, dove le università più celebri del mondo rappresentano la frontiera scientifica, e l’asse militare e nucleare con gli Stati Uniti convive con la musica e la letteratura più giovane e meticcia dell’Europa.

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Un regno in cui le aule neogotiche della scuola di stregoneria di Hogwarts affiancano i grattacieli di Norman Foster e Renzo Piano, proclamando la continua metamorfosi di Londra. Un equilibrio tra illusione e concretezza. Sua Maestà Elisabetta II, nata il 21 aprile 1926 come Elizabeth Alexandra Mary, è stata per settant’anni sovrana del Regno Unito, del Canada, dell’Australia, della Nuova Zelanda e di altri undici Reami dai Caraibi al Pacifico meridionale. Come Capo del Commonwealth delle Nazioni, era riconosciuta da 54 Paesi, tra cui giganti come l’India, il Pakistan, il Sud Africa, la Nigeria: una lontana eco del più esteso impero della Storia. E sì, sembrava immortale. La sorte stessa pareva averla destinata: la trisnonna Vittoria sul trono per 66 anni, la madre Elizabeth Bowes-Lyon morta a 102, perfino il marito Filippo giunto a un passo dal secolo.

Ultimo capo di Stato in carica ad avere servito in uniforme nella seconda guerra mondiale, Elisabetta apparve a 19 anni con il padre Giorgio VI e con Winston Churchill al balcone di Buckingham Palace, per festeggiare la vittoria su Hitler, A 96 anni, quando a quel balcone si è affacciata per il Giubileo di platino, era ormai un fragile scrigno di fenomenali ricordi, vissuti nella convinzione che tutto facesse parte di un interminabile, scrupoloso lavoro. "E’ assolutamente priva dell’alterigia e delle pretese che ci si aspetta da un monarca", si stupì il sovietico Nikita Kruscev. Forse era un adattamento alla routine. Che si era spezzata, questo sì, con la morte di Filippo d’Edinburgo, suo sposo per 73 anni: il lutto l’aveva piegata come forse non si aspettava chi guardava al principe come a una figura di rappresentanza, una spalla. Guarda un po’, invece era il suo appoggio. Il compagno di viaggio nell’affollata solitudine di una vita dedicata al dovere.

Era la sola a non aprire bocca durante cerimonie dove migliaia di persone intonavano l’inno nazionale che parlava di lei: Dio salvi la Regina. Mai le sue famose borsette hanno accolto un passaporto, pur avendo viaggiato fino a isolette alla Robinson Crusoe dove i francobolli portano la sua effige. Prima monarca dell’epoca del turismo di massa, era il motore di un giro di affari di miliardi di sterline, dalle bamboline ai piatti. Un'icona pop, come intuì Andy Warhol ‘serializzandola’ alla stregua di Marilyn Monroe. La musica punk ne fece un bersaglio, ma dissacrarla era renderle implicito riconoscimento, un’altra forma dell’omaggio. Lei stessa accettò di farsi paracadutare da un aereo, tramite controfigura, insieme a 007-Daniel Craig all’apertura delle Olimpiadi di Londra. L’impassibilità e il silenzio le hanno fatto attraversare le crisi peggiori della monarchia - l’incubo lady Diana - che negli ultimi anni sono andate moltiplicandosi, dai festini del figlio Andrea alla soap opera del nipote Harry.

Ma ‘The Queen’ ha mantenuto un grado di popolarità che questo Giubileo ha reso evidente. Era diventata il simbolo di unità di un regno che alla sua morte, ora, rischia l’implosione, dal Nord Irlanda agli scozzesi. Il referendum sulla Brexit fu uno dei pochissimi momenti in cui, con una mezza frase, fece intuire che lei avrebbe voluto restare nella Ue. Per il resto, non aveva opinioni e sorrideva a tutti, in migliaia di viste, inaugurazioni, cerimonie. Il suo mandato "le chiedeva di manifestare interesse, non di provarlo", ha osservato lo scrittore Alan Bennett. Se ne è andata, fragile e claudicante, dopo avere visto un’altra guerra in Europa, sempre prestando se stessa al Paese: i colori giallo e blu della bandiera ucraina, sui cappellini e nei mazzi di fiori, hanno punteggiato i suoi ultimi appuntamenti ufficiali, a sostegno dell’impegno del governo. Riferendosi ai suoi 70 anni di trono, il figlio Carlo ha osservato, con britannica sobrietà: "A remarkable achievement", un risultato notevole. Sì.