QUANDO L’ARTE incontra la musica. Dal desiderio di sperimentare, di mettersi in gioco nasce un oggetto unico e un’attività che non ha eguali. Sulla piazzetta Benincasa, adiacente alla piazza principale di Deruta, la cittadina nota per la produzione di maioliche in provincia di Perugia, si affaccia una bottega-laboratorio speciale, quella di Giovanni Andreani (nella foto in alto), chitarrista per passione e ceramista provetto, in tasca un diploma da ragioniere. È lui a creare chitarre in ceramica, tutte pezzi unici, non semplici oggetti da collezione e da appendere al muro, ma veri e propri strumenti musicali da suonare. Lo abbiamo incontrato in un piovoso pomeriggio dove il suono della chitarra elettrica risuona sulle pareti "ceramicate" del centro storico: basta un attimo per farlo suonare.
Giovanni attacca il jack, improvvisa accordi, pigia sulla pedalina del loop e parte. "Qui in paese, sono in molti ad essere ceramisti. Decidere di diventarlo a 26 anni, seguendo le orme dei nonni, è una rarità. All’inizio non dipingevo, poi uno zio, molto bravo, mi ha dato delle direttive. Avevo mani buone, mi sono appassionato".
"Poi, agli inizi del Duemila, il desiderio di creare oggetti particolari, esclusivi, e l’idea di unire la ceramica alla musica, l’altra mia passione, anche se entrambe nate tardi – continua Andreani –. Suonavo in un gruppo e ho cominciato a pensare di realizzare chitarre in ceramiche. Non esistendo un oggetto del genere, non potevo chiedere aiuto a nessuno. Per realizzarlo ho studiato da un liutaio, in gran parte anche come autodidatta, ho smontato e sezionato la mia chitarra, ho approfondito, cercando di risolvere ogni problema che si presentava e apportando modifiche nel corso degli anni".
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: chitarre elettriche di forma e peso diverso, in un ottimo equilibrio tra stabilità e struttura, peso e qualità del suono. Il processo di lavorazione, con due diversi gradi di cottura, è lo stesso di un vaso o di un piatto, che pure caratterizzano la sua bottega: il corpo è fatto interamente in argilla e dipinto con motivi rinascimentali realizzati a mano; il manico di legno è di mogano o palissandro, gli inserti sulla tastiera in madreperla e, in alto, su una minuscola piastrella intarsiata nel legno, le iniziali del nome dell’artista (GA1, GA2 etc…) e la data di produzione. Proprio come un’opera d’arte. Hanno il peso di una chitarra normale, all’incirca quattro chili, non di più. Poche altre, più leggere, hanno il corpo in legno e le applicazioni in ceramica inserite nel legno. "Oggi posso dire di aver realizzato uno strumento che non dà problemi – aggiunge – ma il lavoro è comunque in fieri, sarò sempre alla ricerca di nuovi stimoli".
La prima chitarra è stata realizzata nel 2005, l’ultima due anni fa. Vent’anni di lavoro, insomma, un lavoro particolarissimo, unico nel suo genere, che affascina gli appassionati di arte, di musica e i profani. Per realizzare una chitarra elettrica occorrono tre sono i mesi di lavorazione. "Le ho fatte per me, non è nato come discorso commerciale e non mi piace parlare di costi".
Nel 2011, l’incontro con Santana (nella foto in basso), ottanta milioni di dischi venduti in tutto il mondo, subito prima di un concerto di Umbria Jazz, al Santa Giuliana, che ha contribuito a dargli quella notorietà che oggi ha: "Mi contattò l’organizzazione di Umbria jazz che aveva visto un servizio in tv, su Bell’Italia – ricorda e racconta – voleva che mostrassi le mie chitarre a Carlos, ma per una serie di circostanze riuscimmo a vederci solo mezz’ora prima del concerto. Ne avevo portata una sola, per regalargliela. Lui se la rigirò tra le mani, stupito, poi quella sera decise di suonare con la mia chitarra. Lo fece con ’Open Invitation’, una canzone che dura ben nove minuti e mezzo. Non l’ho più rivisto, mi ha mandato i ringraziamenti dal suo manager. Non so se ancora la usa ma sono stato ripagato con una pubblicità a livello mondiale".
Inutile dire che una gigantografia con il messicano di Corazòn espinado fa bella mostra di sé nella vetrina della bottega: Giovanni mostra altri scatti, celati in un angolo del laboratorio, ritagli di giornale che parlano di loro due, li ritraggono insieme, ma Santana non è certamente l’unico. Di certo è il più famoso.
Giovanni parla anche dell’incontro con il bassista di Phil Collins, con Mogol e con l’artista Grazia Di Michele, entrati per caso nel suo laboratorio, e di un lavoro costantemente sotto controllo perché la struttura va verificata nel tempo. "Le chitarre hanno sonorità diverse, ma la cosa principale è il suono e l’intonazione: occorre applicare regole matematiche per evitare che stoni, usare il calibro elettronico per mettere i tasti di nichel al posto giusto, nemmeno un millimetro più avanti o più indietro. Basta pochissimo per far lievitare il peso di due o anche tre etti".
"Ma fare produzioni in serie – aggiunge – da fabbrica, non mi interessa". Giovanni, visionario, 52 anni, ha dato vita a un’idea senza uguali.