Zona gialla: braccio di ferro sui parametri. Le regioni a rischio se cambiano i criteri

Speranza vuole il passaggio al 5% di occupazione di posti letto nelle terapie intensive (10% nei reparti ordinari). Le regioni chiedono 15 e 20%

Analisi di un tampone (Ansa)

Analisi di un tampone (Ansa)

Roma, 20 luglio 2021- Con le regole che vuole Speranza potrebbe rischiare di passare in zona gialla la Toscana, oggi al 4% di occupazione dei posti letto nelle terapie intensive. Nei piani del ministro della Salute, il cambio di colore dovrebbe infatti scattare al 5% (e al 10% per i reparti ordinari). La Regione governata da Giani, nel report aggiornato a ieri di Agenas (agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), è quella che ha il numero più alto di posti letto occupati in area criticai. Al 3% si posizionano Calabria, Sicilia, Lazio. Al 2% - che è la media nazionale - Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Puglia, Campania e Sardegna. Abruzzo, Marche, Umbria e Veneto sono all’1% di occupazione. Mentre restano a zero le province autonome di Bolzano e Trento, Valle d’Aosta, Friuli, Piemonte, Basilicata e Molise.

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Il braccio di ferro

Ma sulle soglie di passaggio in queste ore è scontro tra governatori e ministro. La Lombardia si fa portavoce per chiedere la revisione dei numeri, da alzare rispettivamente al 15 e al 20%. L’assessore Letizia Moratti ha fatto sapere che questa sarà la richiesta  in conferenza stato regioni, già condivisa con Emilia Romagna e Piemonte.

I posti letto

Ma a che punto è il potenziamento dei reparti critici? A fine aprile la Corte dei Conti - elaborando dati del ministero della Salute – dava questo quadro dei posti letto in terapia intensiva: attivati a livello nazionale 922 sui 3.500 previsti (26%). Il piano del decreto rilancio 2020 aveva finanziato con 1,4 miliardi  la riorganizzazione della rete ospedaliera. Di questi, 711 milioni dovevano servire a potenziare l'area critica. Insomma, come ha scritto a inizio giugno Quotidianosanità, i soldi ci sono ma i lavori non sempre sono partiti. In fondo alla lista, nella foto scattata a fine aprile, Valle d’Aosta, Molise e Basilicata, con zero interventi. Mentre la provincia autonoma di Bolzano a quella data aveva completato la sua parte. Mentre Emilia Romagna e Abruzzo erano al 75% del lavoro.

Le assunzioni

Ma, come ha fatto notare il segretario del sindacato medico  Anaao, Carlo Palermo, perché i posti letto siano davvero attivi e non ’attivabili’, insomma solo sulla carta, occorrono medici e infermieri. Tanti. Rispettivamente uno ogni sei e uno ogni due posti letto. Quindi la domanda è: quanti ne sono stati assunti? Per avere risposta bisogna sempre riferirsi al solito report dei giudici contabili. Per scoprire che le assunzioni di medici a tempo indeterminato – non solo anestesisti – sono state fino ad aprile 1.350 su 21.414 contratti (6%). Per gli infermieri: 8.757 su 31.990 (27%). 

Gli infermieri 

Silvia Scelsi, presidente di Aniarti, l’associazione nazionale infermieri di area critica, è per la soglia restrittiva. "I nostri colleghi - spiega -  hanno chiuso le rianimazioni meno di un mese fa, alcune stanno già riaprendo con pazienti critici di età sempre più bassa. Il virus circolerà ancora molto, prima che la vaccinazione raggiunga la famosa soglia del gregge. Perché ci dobbiamo convincere ad essere gregge. Per questo penso che un atteggiamento più protettivo sia in generale migliore". I numeri della Corte dei Conti sono severi: solo il 27% di assunzioni a tempo indeterminato nella vostra categoria, i medici si fermano addirittura appena al 6%... "Sì, questi numeri non sono rassicuranti.  Il Covid ha generato una corsa alla ricerca delle risorse, perché bisognava fare fronte rapidamente al problema di assistere le persone. Siccome le assunzioni a tempo indeterminato passano dai concorsi, quindi il meccanismo è complesso e difficile da mettere in atto, soprattutto in epoca Covid, la maggior parte dei contratti è stata precaria o a tempo determinato. Adesso bisogna riprogrammare il fabbisogno reale del sistema sanitario e stabilizzare il personale". Ma quella del 5% è anche una soglia per consentire   le ferie? "No, se è per questo c’è personale che non va in ferie da due anni. Quindi ha già dimostrato di garantire standard di sicurezza, nonostante tutto. Il 5% è una soglia di sicurezza. Sempre di più si svilupperanno varianti che sono in grado di infettare più rapidamente. Dobbiamo essere pronti".

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