Mercoledì 24 Aprile 2024

"Mia sorella è morta, pesava 26 chili Pericoloso il mito di bellezza sul web"

Giulia, 17 anni, uccisa dall’anoressia. Il fratello si rivolge alle fashion blogger: dieta e forma fisica non sono tutto

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di Paco Misale

LODI

"Giulia era arrivata a pesare 26 chili, a un certo punto beveva solo acqua e di notte faceva su e giù dalle scale di casa per tenersi in forma. Aveva l’ossessione per le calorie, e nel mirino quell’obiettivo della magrezza scivolato in una manciata di anni verso l’anoressia. Ad aiutarla ci abbiamo provato in tanti modi, inutilmente. Così ve lo dico: fate certamente attenzione ai modelli fuorvianti della magrezza a tutti i costi e ai falsi messaggi che certe volte arrivano dai social e da alcune fashion blogger. Ma è anche al mondo delle strutture specializzate nella cura delle anoressie che bisognerebbe prestare più attenzione". Davide Scaffidi ha 32 anni e la voce dura di chi deve ancora metabolizzare un dolore. Quattro giorni fa ha visto morire sua sorella in un letto d’ospedale a Lodi. Uccisa dall’anoressia un mese prima dei suoi 18 anni. Lei, Giulia, sognava di fare la modella, ed è entrata in coma alle 5 del mattino di giovedì scorso nel reparto di pediatria dell’ospedale lodigiano dove era stata ricoverata. Poche ore dopo, il decesso.

Morire a 17 anni di anoressia. Cos’è successo a sua sorella? "Era malata da tre anni. Come tutte le ragazzine della sua età seguiva a volte alcune influencer e fashion blogger sui social, magari sognando un futuro nel mondo della moda. Quasi un gioco, all’inizio. Che piano piano si è fatto pericoloso, costringendo Giulia prima a diete sempre più restrittive, poi a uno stato di salute decisamente precario. Un calvario sfociato velocemente nell’anoressia. Non si diventa belle evitando di mangiare, ed è sbagliato inseguire la bellezza dei social network, ma sarebbe banale concentrarsi solo sui messaggi che piombano dal web".

Si spieghi.

"Il problema è più complesso, riguarda anche le strutture specializzate nella cura dell’alimentazione che secondo me non sono ancora adeguatamente attrezzate. Un esempio: mia sorella è stata ricoverata diverse volte nei centri per i disturbi alimentari. Ci rimaneva pochi mesi, poi ai primi segnali di intolleranza e insofferenza, quando in pratica non voleva più starci, veniva dimessa. Mi chiedo: perché rispedire indietro una ragazza non ancora guarita?"

I medici però cosa avrebbero potuto fare?

"Bisognerebbe in questi casi adottare misure più rigide, autorizzando di fatto le persone malate come mia sorella a tornarsene a casa solo a guarigione completata. Un po’ come succede negli ospedali: se uno è ricoverato, ci resta fino a quando non torna in salute".

Eppure c’è chi continua a puntare forte il dito contro i social.

"A dare l’esempio dovrebbero essere innanzitutto loro, influencer e fashion blogger, evitando di accostare il raggiungimento della forma fisica perfetta a un certo tipo di alimentazione. Un errore. Ma non l’unico. Per questo continuo a ripetere che servirebbero percorsi più rigidi e severi all’interno dei centri specializzati per sconfiggere l’anoressia. Magari anche cercando di abbattere le lunghe liste di attesa che non agevolano le tante famiglie finite nell’inferno di un figlio anoressico".

Sua sorella era arrivata a pesare 26 chili.

"Il dramma è che si vedeva perfetta così".

Di cosa si nutriva Giulia?

"Solo acqua, anche bollente, per riempirsi lo stomaco. E poi quella storia delle scale di casa: su e giù anche di notte per bruciare calorie. Non stava bene e a un certo punto è andato tutto fuori controllo".

Come avete reagito in famiglia dopo aver scoperto della malattia di Giulia?

"Quando abbiamo visto che aveva iniziato a nascondere il cibo, mia mamma ha deciso di ricoverarla a Piacenza per alcuni mesi, ma una volta tornata a casa le cose sono peggiorate di nuovo. Gli ultimi mesi sono stati uno strazio, passati in ospedale. A un certo punto Giulia ha anche pensato di farcela da sola. Ma dall’anoressia, senza aiuti, non si guarisce".