Joseph Ratzinger, il Papa che sfidò il tramonto dell'Occidente cristiano

Scomparso a 95 anni, nel 2013 ha avuto coraggio e umiltà nel mettersi in scia a Celestino V, il Papa del Gran rifiuto dantesco

Sarebbe riduttivo ricordare Benedetto XVI per le sue dimissioni. Scomparso a 95 anni, nel 2013 ha avuto coraggio e umiltà nel mettersi in scia a Celestino V, il Papa del Gran rifiuto dantesco. Facendosi da parte, per non ricalcare la Via Crucis in mondo visione dell'amato Giovanni Paolo II, ha commosso tutti. Eppure Ratzinger è stato ben altro nelle tre vite che ha attraversato da uomo più incline allo studio che al governo.

"Benedetto XVI, un Papa quasi perfetto. Ma non capì la questione pedofilia"

Ratzinger
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Le tre vite di Ratzinger   

Prima, giovane teologo liberal, che ha contribuito a far entrare la Chiesa nella primavera del Vaticano II (1962-1965), infine, monaco in candida veste papale, una volta lasciatosi alle spalle il Palazzo apostolico, in mezzo il custode dell'ortodossia assurto a Papa nel mare agitato dagli scandali della pedofilia e di Vatileaks. Tre profili antitetici, accumunati da una riflessione costante sulla transizione definitiva e sofferta dell’Occidente da società cristiana a villaggio globale secolarizzato.

Il teologo liberal   Del processo di scristianizzazione Ratzinger scrive per la prima volta nell'articolo I nuovi pagani e la Chiesa, ai tempi in cui, giovane prete bavarese,  insegna Religione a ragazzini sollecitati dai genitori a non prendere troppo sul serio quanto ascoltato in oratorio. Era il 1958 e la volontà di dialogo con la modernità,unita alla sete di riforma della Chiesa, prevalgono sulla sfiducia. Teologo sensibile e arguto, fa sua la lezione della Nouvelle Théologie, in particolare del Cattolicesimo di Henri de Lubac al quale riconosce il merito «di accompagnare il lettore da un modo individualistico e angustamente moralistico di credere verso il largo di una fede pensata e vissuta socialmente». 

Il Vaticano II, da speranza a dramma

Nella convocazione del Vaticano II Ratzinger coglie l'occasione propizia per aggiornare la Chiesa. Da perito gioca un ruolo chiave nella stesura della Dei verbum, la costituzione che pone la Bibbia al centro e il magistero al suo servizio, non il contrario. Vietnam, beatlesmania, rivoluzione sessuale: sul finire degli anni ‘60 il mondo è in subbuglio. Il futuro Benedetto XVI ne è turbato, vede la Chiesa avvolta «dalla nebbia dell'incertezza come mai prima nella storia», confiderà in seguito. Se il bestseller Introduzione al cristianesimo (1968) lascia solo intravedere le avvisaglie di una profonda crisi interiore, quattro anni più tardi Ratzinger fonda la rivista moderata Communio, rimproverando ai vecchi compagni di strada progressisti, Hans Kung su tutti, di non cercare più di approfondire la fede, ma di volerla riscrivere.

Al fianco di papa Wojtyla

Nel 1977 è nominato arcivescovo di Monaco, a ruota cardinale. È l'inizio di una fulminante ’svolta governativa’. Karol Wojtyla lo chiama al vertice dell’ex Sant’Uffizio. Schivo Ratzinger, espansivo Giovanni Paolo II, entrambi convergono sull’urgenza di non accettare passivamente il tramonto dell'Occidente cristiano. Da qui l'impegno per il riconoscimento delle radici confessionali dell'Europa, il rilancio della presenza ecclesiale sul proscenio culturale, la censura della Teologia della liberazione. E soprattutto la riedizione del Catechismo (1992), perché il mondo sappia che la Chiesa non brancola nel relativismo, non teme di proclamare le sue verità anche su aborto e gay.

Il Pastore tedesco Nel 2005 la morte di Wojtyla proietta Ratzinger sul soglio di Pietro. Saranno sette anni tormentati dalle polemiche. Da quelle per il Discorso di Ratisbona sulla violenza dell'Islam, passando per l'opposizione diffusa alla liberalizzazione della messa in latino, fino alla controversa revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani. L’umile servitore nella vigna del Signore, come si presenta all'uscita dal conclave, non riuscirà mai a scalfire dall’immaginario collettivo l'appellativo di Pastore tedesco cucitogli su misura dai critici. Tuttavia, l'indizione nel 2012 dell’Anno della fede è un rinnovato incoraggiamento a riscoprire Dio, ritrovando Cristo, che sa di lascito prezioso anche per chi nella secolarizzazione coglie un salutare passaggio da un cristianesimo per tradizione (culturale e famigliare) a uno per convinzione. Benedetto XVI muove su un'altra direttrice, per certi versi tragica e apologetica, ma al contempo matura la consapevolezza dell'impossibilità di riavvolgere il nastro della storia in senso cristiano.

Un monaco in Vaticano: i due Papi

Provato nel fisico e nello spirito, si decide per le dimissioni e il ritiro monastico. Quasi a rispolverare il piglio da novatores degli anni giovanili, Ratzinger finisce cosi per ridefinire il ruolo del Papa. Lo desacralizza, lo rende pienamente umano, E intanto la Chiesa sperimenta l’inedita coesistenza di due Pontefici, uno emerito, l’altro regnante, il riformista Jorge Bergoglio. Il loro rapporto non conosce frizioni personali. Ma la scelta di Benedetto XVI di continuare a indossare la talare bianca e di restare a vivere in Vaticano alimenta la narrazione sedevacantista di circoli ultraconservatori anche vicini al suo entourage. Al punto che alcune delle sparute sortite pubbliche del sempre più fragile Benedetto XVI - sul ‘68 causa della pedofilia e sulla difesa del celibato obbligatorio dei preti - adombrano sospetti di trame ai danni del nuovo timoniere. D'altra parte, il dossier vaticano su McCarrick e quello sulla Chiesa tedesca sono usati dai detrattori di Ratzinger per ridimensionarne la nomea di ‘duro e puro’ nella lotta agli abusi verso i quali lo stesso esterna vergogna e ammette responsabilità, più collettive che personali. Sino all’ultimo si consuma una guerra tra fazioni alle spalle di un teologo che si è misurato con lo strappo fra l'Europa e il cristianesimo, senza per questo cedere a facili nostalgie. Semmai avanzando letture (altre) dei tempi presenti, anche a costo di risultare impopolare.

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