Migranti, cosa succede ora? Soldi e ricollocamenti, numeri ridicoli: è una bufera politica

L’analista: il contributo degli altri Paesi è quasi simbolico. "Macron alza la voce perché teme l’estrema destra di Le Pen"

Il corpicino di un neonato di 20 giorni, morto di freddo sul barchino che lo trasportava, insieme ad altre 36 persone, dalle coste della Tunisia all’Italia dove la madre, una 19enne della Costa d’Avorio, sperava di trovare la soluzione ai problemi di salute del piccolo. Mentre in Europa si alzano i toni, l’emergenza migranti continua a mietere vittime. Da lunedì scorso solo a Lampedusa, la cui struttura di accoglienza ospita al momento 1.179 persone, sono sbarcati 640 migranti. Da inizio anno nel nostro Paese ne sono arrivati 89.826, di cui 9.930 minori non accompagnati. Nello stesso periodo lo scorso anno erano stati 57.458, nel 2020 30.780.

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La rotta del Mediterraneo centrale rimane quella più frequentata e – come rileva la Relazione sulla migrazione e l’asilo 2022 della Commissione europea – quasi tutti i migranti sono sbarcati in Italia, mentre Malta ha registrato un calo sostanziale. A interessare il nostro Paese è anche la rotta dei Balcani occidentali dove, nei primi otto mesi del 2022, sono stati individuati più di 86mila attraversamenti irregolari delle frontiere, quasi il triplo rispetto al 2021 e oltre dieci volte più del totale nello stesso periodo del 2019. Numeri di fronte ai quali l’Italia non può essere lasciata sola considerando che, sul fronte economico, il sostegno europeo dato al nostro Paese può considerarsi marginale. A livello europeo il Fondo per l’asilo, la migrazione e l’integrazione (Fami) 2021-2027, prevede uno stanziamento complessivo del valore di 9,88 miliardi di euro, mentre il Fondo per la gestione integrata delle frontiere conta 6,24 miliardi di euro. Di questi fondi solo una minima parte è effettivamente disponibile per il nostro Paese. Nel periodo 2014-2020 all’Italia sono arrivati dal Fondo Fami appena 399 milioni di euro. Nel dettaglio analizzando gli ultimi dati confrontabili relativi al 2020 la quota del Fami destinata al nostro Paese è stata di 54 milioni e mezzo di euro a fronte di una spesa sostenuta pari a 1,3 miliardi di euro.

A livello Ue un primo passo sulla questione migratoria è stato fatto il 10 giugno con la dichiarazione politica approvata a Lussemburgo dal Consiglio europeo affari interni. L’intesa, denominata Meccanismo volontario di solidarietà, prevede il ricollocamento annuo di circa 10mila migranti individuati principalmente tra le persone salvate in mare a seguito di operazioni Sar nel Mediterraneo centrale e lungo la rotta atlantica occidentale, ed è stata condivisa da 18 Stati membri e da 3 associati all’Unione europea (Norvegia, Svizzera e Liechtenstein). Impegni veri e propri per partecipare alla redistribuzione sono stati però presi finora da 13 Paesi, per un totale di 8.289 quote: Germania, Francia, Portogallo, Irlanda, Romania, Norvegia, Bulgaria, Finlandia, Belgio, Croazia, Lussemburgo, Lituania e Islanda. L’Italia è il primo beneficiario dei trasferimenti, con 3.500 relocalizzazioni di rifugiati previste entro l’estate 2023, sulla base degli arrivi registrati nel nostro Paese. Ma ora l’accordo rischia di saltare a causa del braccio di ferro con la Francia.

"Stiamo parlando di numeri ridicoli, la questione è politica. Macron – spiega Marco Di Liddo, responsabile analisti CeSI – doveva evitare che il fronte della destra francese rappresentato da Le Pen speculasse sulla questione Ocean Viking. Il rischio che si inneschi un effetto domino che porti anche gli altri Paesi a non accettare la redistribuzione dei migranti c’è: un’impasse sulla gestione dei flussi migratori quella ultimi anni, soprattutto 2015-2016".