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Mansell e la quadriga di Fiorio Ben HurLeo Turrini - 18 aprile 2020

Spero tutti bene.
Riprendo il racconto del mondiale 1990, ero arrivato alla vigilia del Gran Premio di Inghilterra.
In ragione di quanto avevo improvvisamente scoperto in un pub di Northampton il giovedì pre gara, il nostro feldmaresciallo Cesarino Lo Scuro Fiorio marciava su Silverstone con una ruggente quadriga.
Aveva già in squadra Alain Prost e Nigel Mansell.
Mica due sfigati, eh.
Inoltre stava brigando, Cesarino, per strappare Jean Alesi alla Williams (e a Ken Tyrrell).
Infine, last but non the least, Fiorio aveva intavolato una misteriosa, esoterica trattativa con Senna.
Roba degna di una fumeria di oppio, in stile Robert De Niro nella scena finale di C’era una volta in America.
E io pensavo: c’era una volta in Ferrari, va mo la’.
Ora, voi che leggete dovete anche capire lo spirito dell’epoca.
Il Vecchio era morto da meno di due anni.
Fortissima era la sensazione che il personaggio non fosse sostituibile.
E c’era sempre da capire dove volessero andare a parare i torinesi.
Soprattutto con riferimento al reparto corse di Maranello. Interessava almeno un po’ agli Agnelli? Si rendevano conto di cosa avessero per le mani?
Mah.
In tutto questo, c’era la quadriga di Cesarino. Che non so se si credesse Ben Hur, ma lasciamo stare.
Siamo in quella prateria verde che è Silverstone. Dovete andarci, una volta nella vita. Per intuire cosa sia la velocità, cosa sia l’idea della macchina da corsa.
A volte mi sono detto: se uno non è mai stato a Silverstone, io di auto da Gran Premio non ci parlo.
Lo so, è presunzione e infatti ho poi sempre parlato con tutti, persino con autentici imbecilli che non hanno mai saputo distinguere un Mansell da un pilota qualsiasi.
Ecco, Mansell.
Certamente quel sabato di luglio del 1990 lui sapeva della quadriga di Fiorio e con lo Scuro il Leone aveva già chiuso.
A Nigel non era piaciuto il modo in cui Cesarino aveva governato la coabitazione con Prost.
Si era sentito messo in disparte. Silenziosamente accompagnato verso l’uscita.
E però.
Però a Silverstone nessuno ha mai guidato come Mansell.
Nessuno.
Non dico che dovete fidarvi di me. Non fidatevi. Andate su YouTube e selezionate le immagini.
Mansell a Silverstone.
Against all odds.
Take it to the limit.
E insomma, io l’ho visto.
Quel sabato del 1990, Nigel cacciò la paga a Senna. A Senna, dico.
Prost, manco a parlarne. He’s still talking.
Gli inglesi, sugli spalti,impazziti. Del resto, Mansell e’ stato il continuatore della dinastia britannica. Moss. Clark. Hill. Liberi voi di aggiungere un nome del presente, se volete.
Nella sua testolina, Mansell aveva studiato il piano perfetto.
Avrebbe vinto il Gran Premio di Inghilterra e poi in sala stampa avrebbe annunciato il suo addio alle corse a fine stagione.
Una mossa teatrale.
E una balla mostruosa.
Nel senso che Nigel era già d’accordo con Frank Williams. Che dubitava di poter impedire alla Ferrari di prendersi Alesi. Dunque, Frank avrebbe trattato con la Ferrari per ottenere una qualche forma di risarcimento e nel frattempo si sarebbe rimesso in casa The Lion.
E Fiorio?
Sulla quadriga.
Viene la domenica.
Circolano le solite voci, quando c’è di mezzo la Ferrari. Del tipo: daranno a Prost il materiale migliore, non possono permettere a Mansell di batterlo, toglierebbe punti al francese che è in lotta con Senna.
In verità Prost era già in lotta anche con Ben Hur, pardon, con Fiorio.
Ma di questo dovrò riparlare.
Pronti, via.
Fra discese ardite e risalite, Mansell e’ un delirio. Sbaglia, rimedia, graffia le McLaren, sorpassa, accelera.
Un invasato.
Un demonio.
The last hero.
Finché gli si rompe il cambio. Sta a vedere che avevano ragione i maligni.
Nigel si ritira. Dal Gp e non solo. Almeno in apparenza.
Esce dall’abitacolo.
Lancia i guanti al popolo che lo osanna.
È una scena da gladiatore al Colosseo.
Mi chiamo Quinto Massimo e…
…e si accende la lucetta di una telecamera e Nigel annuncia: basta, stop, mai più, chiudo la stagione e vado in pensione.
Curiosamente, Frank Williams gongola.
Dovrebbe gongolare anche Prost, visto che trionfa grazie al crack dell’altra Rossa.
Terzo successo consecutivo, a un ferrarista non capitava da una vita.
Leadership riconquistata nel mondiale, a spese di Senna.
Io scrivo sul giornale pensando al numero di vittorie Ferrari: il Professore ha compilato il modello 101, come allora si chiamava il modello per la denuncia dei redditi.
Invece, Alain non è felice.
In aeroporto a Luton, la domenica sera, mi danno una dritta.
Prost ha chiesto un appuntamento urgente a Torino con Cesare.
Non Fiorio-Ben Hur.
Romiti. Cesare Romiti.
Come era la frase di Craxi?
“Prima o poi tutte le volpi finiscono in pellicceria”.
Anche se sono abbronzate.
(Continua)
Buona domenica