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Io, Seb Vettel e l’Apollo 11Leo Turrini - 28 luglio 2022

Anche io, più di una volta!, mi sono chiesto quanto, come e se sarebbe cambiata la carriera di Seb Vettel senza l’errore di Hockenheim 2018.
Ma poi, nel tempo, mi sono reso conto che non si può ridurre ad un episodio l’esistenza di un essere umano.
È vero, quella domenica Seb sbagliò. Ed è vero che se invece avesse consolidato il vantaggio su Hamilton, beh, forse quel mondiale avrebbe avuto un vincitore diverso.
Ma importa davvero, ora che siamo qui a salutare un quattro volte iridato, uno che ha conquistato tanti Gp che solo Schumi ed Hamilton possono dire di aver fatto meglio? Uno che nella leggenda Ferrari, in termini di successi “di tappa”, è stato inferiore a pochissimi?
Non credo.
Nell’estate del 2013 mi capitò di incontrare per caso l’Ambasciatore di Germania in Italia. Mi disse, papale papale, che Seb aveva già firmato per la Ferrari e che sarebbe arrivato nel 2015.
Lo scrissi, anche qui. Scoppiò un putiferio, in un microcosmo mediatico sempre dominato dai vedovi di Alonso.
Era tutto vero, ovviamente.
Io so bene che Seb ha fallito la sua mission. Sin da bambino era un fan di Schumi e in una sorta di identificazione totale immaginava di sublimarsi ripetendone le imprese di Rosso vestito.
Non gli bastavano i trionfi con la Red Bull. Penso desiderasse anche rispondere ai fessi che dicevano: ah, ma non vince lui, vince Newey!
Cioè non vinceva Schumi ma Ross Brawn, non vinceva Hamilton ma il duo Lowe-Allison, eccetera.
Come se non sapessimo, tutti, che da decenni in F1 la tecnologia conta più dell’uomo.
C’è stata, contro Vettel, una narrazione in negativo, figlia della idiozia. Lui è un gran pilota, magari non il migliore, io lo giudico un gradino sotto Hamilton, ma è un gran pilota.
A farsi sì che mi immedesimassi con lui ha anche contribuito un ricordo dell’infanzia.
Vettel bambino sognava di essere Schumi. Io bambino, anni Sessanta, sognavo di essere Neil Armstrong, il primo uomo a mettere piede sulla Luna.
A me non hanno mai dato un Apollo 11 da depositare sulla superficie del Mare della Tranquillità. E a Seb la Ferrari, in quel momento storico, una monoposto perfetta non gliela ha mai data, al netto dell’errore di Hockenheim.
Aggiungo, per chiudere, che mi riconosco nelle battaglie sui diritti promosse da Vettel in questi ultimi anni.
Non voglio convincere nessuno, ma noi minoranze siamo il sale della terra (e questa non l’ho detta io ma Seb la pensa esattamente allo stesso modo).
Danke, Brother.
Ps. Un abbraccio forte all’amico Gnomo.