Se permettete parliamo di Wec.
Anche l’ottimo John Elkann, illustrando i conti trionfali della azienda Ferrari, ha sottolineato l’importanza del progetto Le Mans per il Cavallino.
E chi sono io per contraddire il presidente?
Quindi, beccatevi l’analisi del più grande esperto mondiale di ruote coperte, l’immaginifico Emi Emi (che decifrerebbe anche un testo in ostrogoto, se dedicato al Wec).
EMI EMI SCRIPSIT
“Ecco… arrivo in aeroporto e mi tocca una scena tipo E.R.”
Primo contatto portoghese. Un signore in aeroporto. Un attacco di cuore. Pare risolto, o almeno stabilizzato, come “l’Uomo sul Bidone” al telefono mi racconta. Un attacco di cuore che le qualifiche non hanno raccontato. Un minuto e mezzo allo scadere del quarto d’ora canonico e già tutto finito, tutti fuori dalla macchina. Per Liberty sarebbe stato inaccettabile. Per l’ACO meno. Citando Masi, “It’s called Motor racing”. O almeno anche questo può chiamarsi allo stesso modo.
Hartley ( quello delle ruote esplose a Silverstone nel 2018 con la Toro Rosso durante le prove libere. L’anno dopo fece anche in tempo a essere al simulatore Ferrari) ottiene la pole quasi con irrisoria facilità. Uscita, tempo, fine. Parole e musica sul nipponico neozelandese. Kobayashi (quello lì quello lì, il Koba, un altro che a Maranello ha fatto in tempo a passare ma non è restato) a due decimi: prima fila Toyota. Senza colpo ferire. Gli altri dietro. A debita distanza.
A cominciare dai nostri eroi. Seconda fila, dal secondo e mezzo poi. Prima Nielsen e poi Calado. Sebring già un ricordo? Una rondine che non fu (e non fa) primavera?
Chi lo sa.
Toyota pare aver rimesso tutto quanto al proprio posto. Rapidamente. Eppure. Eppure la controtendenza di una Ferrari che in Fp3 è riuscita a girare a meno di due decimi dalle vetture giapponesi, può essere quella spia sul cruscotto che invita a cercare risposte.
Intendiamoci. In questo campionato Toyota rimane qualcosa in più di un semplice riferimento sportivo, ma Ferrari al debutto regola il resto della comitiva di “deb” con altrettanta facilità. Porsche, Peugeot e Cadillac viaggiano con distacchi che vanno da oltre due secondi a due secondi e mezzo. Il resto è dispersione. Già solo per questo varrebbe la pena fare un plauso agli uomini di Coletta.
Cose sottili se volete o apparentemente di nessuna importanza.
In 6 ore di cose ne possono succedere. Toyota può solo perdere, ma poi c’è la Rossa.
Non è semplice girare su tempi giapponesi.
Ferrari almeno ci sta provando.
Cosa nient’affatto scontata.
Senza ulteriori, attacchi di cuore.