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End Game, l’epilogo del mondiale 1999Leo Turrini - 3 aprile 2020

Spero tutti bene.

Come cantava Riccardo Cocciante, era già tutto previsto.

Sarebbe bastato leggere tra le righe del sotto testo. Oppure decifrare i fondi del caffè, che pure in Giappone mica sanno fare troppo bene.

Domenica mattina, Suzuka. Era già tutto previsto, sì.

Un carissimo amico, molto importante nella storia della Ferrari, all’ora della colazione nel paddock mi prese in disparte.

Michael non correrà per vincere questo Gran Premio, mi spiega. Lo ha detto chiaramente a chi voleva ascoltarlo. Al massimo è pronto a cedere la posizione a Irvine se ciò fosse sufficiente a Eddie per conquistare il titolo. Ma non si dannera’ l’anima per battere Hakkinen. E se non mi credi tieni d’occhio quanto accadrà in partenza.

Appunto. Il video è lì da vedere, da oltre vent’anni.

Fu tradimento?

No. Anche perché non sta scritto da nessuna parte che la McLaren di Hakkinen, quella domenica, fosse inferiore alla Ferrari.

Fu giusto così?

Anche, se parliamo di sport. Nel senso che io ho sempre voluto bene ad Eddie e mi sarebbe piaciuto celebrarne la rocambolesca impresa.

Ma ammetto, al netto di tutto, che non era all’altezza di Mika.

Tant’è vero che quella domenica, pur finendo sul podio, l’irlandese venne quasi doppiato dal suo rivale nella corsa al titolo.

E un giro di differenza, in uno spareggio iridato, è un po’ troppo.

Fu una delusione, l’epilogo?

Fortissima, per me. Non sempre i sogni muoiono all’alba. Questo si era dissolto in extremis.

Rimpianti in salsa Rossa?

Beh, la ruota misteriosamente scomparsa al Ring, sicuro. Una brutta figura, ma io non ho mai creduto al dolo, al complotto.

Anche perché, come ho tentato di spiegare durante questo mio viaggio nella memoria, se ci fu cospirazione i congiurati sarebbero stati decisamente schizofrenici.

Non vuoi far vincere il mondiale al tuo pilota numero due e poi gli regali la Malesia e la Germania, otto punti in più secondo i criteri di assegnazione del tempo?!?

Non sta in piedi.

Infatti Irvine non si lamentò mai di oscure trame. Disse invece che in Francia era stato costretto a dare strada a Michael, che misteriosamente andava più piano. E continuò a lamentarsi per il mancato rallentamento di Salo a Monza.

Ma sono briciole.

Con il senno di poi, per quanto assurdo possa sembrare, dopo un caos tanto grande, il campionato si decise in Malesia. Quando nel finale un disperato Hakkinen riuscì a passare la Stewart di Herbert, complice un errore di quest’ultimo. Così Mika chiuse al terzo posto, a Sepang.

Fosse arrivato quarto, Eddie a Suzuka sarebbe partito da più cinque. E gli sarebbe bastato il secondo posto.

Ogni tanto mi chiedo se, in quel caso, Schumi avrebbe lasciato la piazza d’onore a Irvine, laureandolo campione.

È un gioco della mente. Un what if da fumetto dei super eroi. Un universo parallelo.

End game.

Ma non voglio sottrarmi alla domanda delle cento pistole.

Quanto furono dispiaciuti in Ferrari, per quel finale?

Onestamente, quasi zero.

È la verità storica e anche qui non c’è scandalo.

La squadra conquistò, proprio quella domenica, il mondiale costruttori.

Dopo 16 anni di digiuno.

Non voglio scomodare il Vecchio, che considerava il titolo per i team più importante di quello riservato ai piloti. Non sono mai stato d’accordo, ma la filosofia aziendale quella era e resta. Poi, certo, prendete il 2008: la Ferrari ha vinto il Costruttori, ma ci ricordiamo la beffa di Massa, giusto?

Il fatto era ed è che Irvine, non per sua colpa e nemmeno per suo demerito, fu l’uomo giusto nel posto sbagliato. O l’uomo sbagliato nel posto giusto, come volete.

Il resto venne di conseguenza e ognuno ha diritto alla opinione che vuole.

Fermo rimanendo che io c’ero. E so.

Infine.

Infine, la partecipazione di Schumi alla festa McLaren fu certo un pugno allo stomaco dei puristi.

Ma anche qui, bisogna chiarire.

Quando si chiude un mondiale, è tradizione organizzare grandi party, aperti a tutti.

È come la festa per la fine dell’anno scolastico.

Chi vuole va. E magari si sbronza.

In F1, almeno allora, le rivalità di pista non sfociavano necessariamente in astio permanente.

E Schumi un mondiale con la Ferrari, il primo di una lunga serie, lo aveva finalmente ottenuto.

Possiamo condannarlo per la sua euforia?

Eh, lo so.

Era dispiaciuto Michael per la sconfitta di Eddie?

Per niente.

Corse alla baionetta contro Hakkinen?

No.

Qualcuno avrebbe potuto imporglielo?

No.

Questa è la mia versione dei fatti. Ringrazio chi si è adattato alla lettura di questo lungo sproloquio.

Siete un bel gruppo, babbei e dementi a parte.

Stay safe.

(Fine)