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…e Todt diede le dimissioni per un deflettoreLeo Turrini - 29 marzo 2020

Spero tutti bene.

Dov’ero arrivato, con la ricostruzione del mondiale 1999 di Formula Uno.

Ah, sì.

La squalifica delle Rosse di Irvine e Schumi per un fottuto deflettore.

E dunque, avendo Jo Bauer scoperto l’infrazione, il campionato era finito.

Matematicamente.

Titoli piloti a Mika Hakkinen, che se lo meritava pure.

Titolo costruttori alla McLaren, che se lo meritava meno, non foss’altro per essermi stata sempre discretamente sui cocones, con rispetto parlando.

Nella enorme sala stampa di Sepang ero stato costretto a riscrivere un giornale intero, in fretta e furia.

Nell’ansia di prendere un aereo alla mezzanotte locale, mi dispiaceva anche il fatto che lo scandalo da squalifica finisse con il cancellare la grandiosa prestazione di Michael.

Era stato sublime nell’interpretazione del fuoriclasse che si fa gregario. Era una storia romanzesca, di quelle che piacciono a me.

E invece adesso si parlava solo del deflettore, fanculo il deflettore.

Stavo già all’aeroporto, destinazione Amsterdam, quando la Ferrari annunciò il ricorso.

Nel tumultuoso dopo gara, Ross Brawn aveva spiegato che l’aggeggio, ecco, dai, l’accidente, quella roba lì, il deflettore, in realtà era regolare.

Famo a fidarse, dicono a Roma.

In volo non chiusi occhio.

Troppo irritato.

Colazione nella lounge di Amsterdam. In Europa era primo mattino.

Il bacon era buonissimo.

Ma io ero tremendamente incazzato.

Il deflettore!

Ma deflettimi ‘sta minchia.

Trilla il cellulare.

Claudio Berro, capo della comunicazione reparto corse Ferrari. Le vicende pirotecniche della stagione ci avevano praticamente resi fratelli.

Mi dice: reclamo urgente.

Va bene, rispondo.

Aggiunge: non andare a casa quando sbarchi a Bologna, nel primo pomeriggio Montezemolo incontra i giornalisti in pista a Fiorano.

Ci sarò, prometto.

Ma il deflettore?

Lo hanno misurato male, ribatte Berro. Vinceremo in appello.

E vinceremo in appello, come no.

Primo pomeriggio, Fiorano.

Pieno di gente, cronisti, cavi tv. Un delirio. L’ennesimo del 1999. Ma che c’entri qualcosa, con tutto questo casino, la fine del secolo e del millennio?

LCDM annuncia che Todt ha presentato le sue dimissioni per lo scandalo deflettore. Ma lui, azionando furiosamente il ciuffo come un tergicristallo, le ha respinte.

Montezemolo fa uno straordinario numero in stile “Un giorno in pretura”. Mi fa venire in mente Vittorio De Sica avvocato che difende Gina Lollobrigida, la maggiorata.

Qui si attenta all’onore della Ferrari! Qui si mette in discussione l’integrità del Pinguino, che sarebbe poi Todt! Qui colpevolmente si azzera la sublime testimonianza di attaccamento alla causa da parte di Schumi! Qui si mortifica la tenacia di Irvine!

Una arringa memorabile. Io sono notoriamente un cuore di pietra, ma giuro che mi commuovo. L’onore della patria! La nobiltà dei cuori! L’Italia di Dante, Raffaello, Lucio Battisti e Gigi Riva! Il Colosseo! Venezia! La Torre di Pisa!

E la materia del contendere?

Il deflettore di sta minchia?

Reclamo, vostro onore.

Procedura d’urgenza.

Tribunale Fia già convocato per venerdì a Parigi.

Giustamente Max Mosley, tra un festino e un party, ha decretato che non si può andare a Suzuka con il verdetto della Malesia sub judice.

Partiremo per Suzuka, ultima tappa del mondiale più pazzo di sempre, conoscendo l’esatta situazione di classifica.

Facciamo che Parigi è sulla strada.

Intanto apprendo su quali basi la Ferrari imposterà il ricorso.

In primis, vizio di forma.

I deflettori sono stati misurati in maniera non perfetta.

E la forma è sostanza, perbacco.

In secundis, non c’è alcun nesso tra la prestazione della macchina e il coso, cioè non ci sono vantaggi, non c’è trucco e non c’è inganno, funiculi funicula, iamme iamme, iamme ia.

Uscendo da Fiorano, incrocio Todt.

Stranamente, è meno abrasivo del solito. Sembra persino intenerito.

Un carciofino sott’odio.

Odio, mica olio.

Ci vediamo a Parigi, mi dice. Adesso passi a casa dalle sue bambine, non le vede da una settimana.

E infatti.

La figlia più grande non ha ancora nove anni. Quando la informo che sto per partire per Parigi, si offre volontaria. Così andiamo ad Eurodisney e la macchina la guida Schumacher.

I bambini sono irresistibili.

Non si può, rispondo. Schumacher deve aggiustare un deflettore.

Un defleche?

Vabbè, fa niente.

Sappi solo che tuo padre è in trincea e si prepara a conquistare la Ville Lumiere.

Ps. Che poi a pensarci oggi, 2020, uno un po’ si vergogna, al pensiero di come usavamo le parole. In trincea ci sta la bambina del racconto, medico di ospedale in questi giorni osceni.

(Continua)