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C’era una volta la WilliamsLeo Turrini - 21 agosto 2020

L’acquisto della Williams da parte di un fondo di investimento americano viene a chiudere un’era.
Probabilmente Frank Williams è stato il più grande, con Colin Chapman, tra quelli che il Drake chiamava, con poco affetto!, garagisti.
A Modena c’è ancora chi se lo ricorda, Frank, in veste di meccanico di De Tomaso, in un altro mondo, in un’altra epoca.
Da lì, attraverso una vita difficile, per usare un eufemismo, Williams è stato, secondo me, il meno lontano da Enzo Ferrari. Per intuizione, passione, resilienza.
Fu il primo a capire, oltre quaranta anni fa!, che i petrodollari avrebbero cambiato gli equilibri della finanza e a cascata pure dello sport business.
Ricordo il mio stupore quando la Williams vinse il suo primo Gran Premio. In Inghilterra. Al volante c’era Clay Regazzoni. Un altro nesso con la figura del Drake.
Vennero poi le imprese iridate. Alan Jones. Keke Rosberg. Nelson Piquet. Nigel Mansell. Alain Prost. Damon Hill. Jacques Villeneuve. Quelle macchine bellissime, fossero spinte dal Cosworth o dal turbo Honda o dall’aspirato Renault.
Forse non tutti noi abbiamo apprezzato a sufficienza il fatto che Frank, confinato su una carrozzina, non si era arreso al destino. È stato, lui, un primo eroe Paralimpico!
E certo in una storia così affascinante non sono mancati gli errori. Zanardi non ricevette il trattamento che meritava, giusto per fare un esempio.
Ma io, sommessamente, credo che il declino, troppo lungo, del team sia stato crudelmente inaugurato dalla tragedia di Ayrton.
Lo so che dopo la Williams ha vinto ancora, ma ci sono episodi che spezzano l’anima e deviano il corso della storia. Imola 1994 fu come Dallas1963, per noi.
Verificheremo in altra sede che significato abbia, sullo sviluppo della F1, l’ingresso di un fondo di investimento.
Nel calcio mondiale è prassi da anni, con esiti contraddittori.
Vedremo. Intanto, grazie Frank.