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Binotto e la profezia di ArrivabeneLeo Turrini - 31 luglio 2022

Eccomi qua, alla fine di una domenica infelicemente malinconica.
È morta la Aida (citazione).
Quando ho visto la Ferrari montare le gomme bianche, che avevano dato prova disastrosa sulla Renault, sulla macchina di Carletto, beh, mi è tornata in mente la pubblica sfuriata che costò la poltrona a Maurizio Arrivabene.
In Giappone, nel 2018, l’allora capo del reparto corse, dopo una scelta clamorosamente sbagliata a proposito di pneumatici, disse ai giornalisti che a Maranello c’erano troppi ingegneri troppo attenti al computer, mentre squadra sarebbe seguì servito un tecnico “pistaiolo”.
Sembra passata un’era geologica, ma sempre lì siamo. A scanso di equivoci, io continuo a pensare che Arrivabene sbaglio’, non nel merito, ma nel metodo, perché è un capo non attacca mai in pubblico i suoi sottoposti. Magari li chiude in uno sgabuzzino, però privatamente. Le aziende funziona così e infatti Maurizio perso il posto.
Ciò premesso, come già avevo temuto dopo gli episodi di Montecarlo e di Silverstone, è evidente che in Ferrari c’è un problema. Di gestione dell’evento. Di governo delle emergenze. È il concetto che ho riassunto quando ho dichiarato che, banalmente, almeno dal mio punto di vista, la Ferrari intesa come tutto non è ancora pronta per vincere un mondiale.
Io capisco e condivido la frustrazione dei tifosi. Ne comprendo anche l’incazzatura, sempre con la solita eccezione della inciviltà, da qui sotto bandita per sempre. Ma la vera domanda che ci dobbiamo porre è persino puerile: come se ne esce?
Non sono sicuro che la calcistica soluzione dell’esonero di massa rappresenti una risposta. Ne abbiamo già parlato. Dal 2009 in poi, facciamo dalla cacciata di Gigi Mazzola, in Ferrari sono state silurate, per motivi diversi, tante persone. Per restare in tema di cappelle ai box, il colpevole della chiamata sbagliata con Alonso dell’ultima gara del 2010, Chris Dyer, venne più o meno chiuso in uno sgabuzzino. E la chiave fu buttata via. Non mi risulta che abbiamo collezionato titoli mondiali a raffica, dopo.
Beninteso, io non sono qui a difendere nessuno. Non me ne può fregare di meno.
Se si ritiene che la squadra sia governata male, spetta agli azionisti intervenire. Se si pensa che sia invece sufficiente procedere a una integrazione e revisione degli organici, come personalmente sono portato a credere, lo si faccia. Dal mio punto di vista, buttare via con l’acqua sporca anche il bambino sarebbe un autogol, l’ennesimo. Ma non pretendo di convincere nessuno.
Aggiungo, condividendo il dispiacere di Leclerc e dello stesso Sainz, che in Ungheria, aldilà della gomma bianca che ti mando in bianco, ecco, la macchina, forse per la prima volta della stagione, non è parsa completamente all’altezza della situazione. Avrete notato che lo spagnolo, con la stessa strategia di gara di Hamilton, pur partendo davanti, è finito dietro, causa difetto di prestazione non spiegabile semplicemente con i progressi Mercedes. Tant’è vero che se Verstappen in qualifica avesse messo la macchina davanti ,beh, avrebbe preceduto tranquillamente LH di oltre mezzo minuti.
Non voglio convincere nessuno. Sì, l’olandese ha già in tasca il suo secondo titolo mondiale e per quanto sta facendo vedere se lo merita. Nelle gare che rimangono, la Ferrari deve cercare di risolvere i suoi guai, anche i Pitstop in quanto tali non hanno raggiunto livelli di perfezione. E naturalmente deve pensare a vincere più gare possibile, perché solo così, io credo, sarà possibile cambiare la mentalità, uscire dal tunnel dell’insicurezza e immaginare un futuro che ci faccia dimenticare queste cocenti delusioni.
Grazie.