In questi giorni si è parlato molto dei nostri ragazzi azzurri che a Glasgow ci hanno fatto scoprire una nazionale di atletica leggera che sta crescendo impetuosamente alle spalle dei capitani storici. Qui di seguito trovate il racconto delle medaglie di sabato e qualche dettaglio in più sui tre italiani figli di due culture che ci faranno crescere, ci stanno già facendo crescere insieme con le loro medaglie.

Oggi sul sito dell’Aips è stata pubblicata qui una interessante riflessione sul tema dei genitori allenatori. Da qui il titolo del post. Conosco Kathy Seck, ex velocista senegalese. Ci siamo sentiti quando suo figlio, Mattia Furlani, era ancora una promessa a livello giovanile, aveva appena vinto gli Europei juniores sia nel lungo che nell’alto. E so quanto sia importante il contributo di Kathy (e mi sento di garantire anche quello del padre di Mattia, Marcello) nella crescita di un ragazzo che ha valori atletici ancora inesplorati, ma sicuramente ha già una personalità da uomo, a soli 19 anni.

Il papà di Mattia Furlani era un saltatore in alto da 2,27 di personale e gareggiava contro Marco Tamberi, il padre di Gimbo. La famiglia Tamberi ha vissuto sia la gioia per le vittorie ottenute insieme, quando Marco allenava Gianmarco, sia il dolore della separazione quando Gimbo ha scelto di cambiare allenatore. Evidentemente sapeva quello che faceva, visti i risultati.

Ecco, qualcosa di simile al quadrato rischia di capitare ad Armand ‘Mondo’ Duplantis, il fenomeno svedese del salto con l’asta. Nel pezzo sul sito dell’Aips lo stesso Duplantis spiega che sua madre Helena era molto nervosa, soprattutto perché in un paio di passaggi Duplantis ha dovuto fare ricorso al terzo tentativo per superare l’asticella. Lei riprendeva con un tablet, il padre nemmeno guardava. “Credo che la situazione per lei stesse andando fuori controllo, mi dispiace di averle procurato ansia. Sono felice che ce la siamo cavata“, ha detto alla fine Mondo. “Comunque l’ho vista anche peggio, in termini di nervosismo. Stavolta è anche andata bene”.

Io lo ammetto, non so come facciano, figli e genitori, a tenere separate le emozioni dal lavoro. Immagino che le gioia siano decuplicate, quando si vince. Ma succede anche ai problemi, evidentemente.