(avviso: post fuori tema rispetto al blog) Quando ero ragazzo, quindi ormai trent’anni fa, cominciava a farsi largo la figura del tuttologo. Erano personaggi anche di una certa cultura, ai quali veniva chiesto di esprimersi non più solo sul proprio settore di competenza, come si faceva un tempo con gli esperti, ma anche su altri campi. L’idea poteva anche avere un senso, non solo giornalistico: il rischio con gli esperti è che siano una casta chiusa e anche nel migliore dei casi pensino lungo binari già prestabiliti. Quindi, avere qualche tuttologo poteva aprire visioni diverse anche a loro.

Il problema è che a un certo punto, non so con precisione quando, mi sembra che la situazione sia un po’ sfuggita di mano. O meglio, forse lo so, quando è successo.

Da quando i social sono una realtà alla portata di tutti, da quando lo smartphone rende facilissimo esprimere qualsiasi opinione e metterla sugli schermi degli altri, dal tuttologo siamo passati al troppologo.

Il troppologo è ognuno di noi. Io compreso, quindi parlerò in prima persona per rendere più chiaro il discorso. Con qualche esempio: muore un attore o un cantante o un personaggio famoso, e ci sentiamo tutti in dovere di dire la nostra. Non importa che sia una cosa intelligente, non importa che sia originale: l’importante è dirla. Succede un fatto di cronaca, e ci comportiamo nello stesso modo. Non importa se non abbiamo alcun elemento più degli altri, a disposizione: sembra quasi obbligatorio far sapere a tutti come la pensiamo. Anzi: più siamo  ‘ignoranti’ in materia e più parliamo, producendo in realtà solo rumore di fondo.

Un collega poco tempo fa, sulla morte di uno scrittore famoso, ha scritto un post che riassumo così: non ho letto niente di suo, quindi non so cosa pensare.

E mi sembra la sublimazione definitiva del concetto che sto provando ad esprimere.

A volte si può anche tacere, nel mondo moderno sembra di no…(compreso questo post, sia chiaro)

I social sono una grande vetrina democratica. Pure troppo. Ma senza volerla buttare in politica, perché il ragionamento che sto facendo purtroppo vale per tutte le fazioni, le squadre, i partiti, le tribù: forse si stava meglio quando si stava peggio. Perché mi va benissimo che ognuno possa esprimersi, ma se tutti parliamo di tutto, è come se tutti parlassimo di niente.

E c’è l’altro grosso versante, quello degli insulti dei leoni da tastiera, delle minacce, del clima da rissa costante. E’ cresciuta anche per le strade e nella vita quotidiana, la rissosità. Ma lì rischi di trovarti di fronte uno più grosso, o dotato di cric, e magari ti trattieni.

La sensazione di essere intoccabili dall’altra parte del computer invece ha liberato gli istinti peggiori.

Ovviamente, sarebbe peggio se qualcuno decidesse per noi che cosa si può e non si può commentare, se ci fossero filtri ad evitare le derive peggiori. Sicuro.

Sicuro?