Da oggi questo blog cambierà un po’ forma, possibilmente anche frequenza. Allargheremo ulteriormente gli orizzonti delle discipline di cui si parlerà, ma già in parte lo facevamo. E cercheremo di proporvi cose e punti di vista originali, che è la cosa più difficile vista la presenza di tantissime fonti.

Mi fa particolarmente piacere inaugurare il nuovo corso con un vecchio amico, perché certe coincidenze fan venire voglia di credere che un disegno ci sia davvero…

Rodolfo Giovenzana detto ‘Giobbe’ è stato un grande giocatore della Panini Modena e della nazionale. Perdonate il lungo pippone personale, ma fondamentalmente la parte maggiore della responsabilità (o della colpa) è sua, se il sottoscritto si è appassionato alla pallavolo. Era il mio professore di educazione fisica alle medie, ma non mi ha insegnato molto sul piano tecnico perché ero basso e lui si dedicava a quelli più alti, nella palestra delle scuole Ruini di Sassuolo. Mi fece entrare però nel gruppo dei raccattapalle dell’Edilcuoghi, la squadra in cui faceva da allenatore-giocatore, a fine carriera. Aveva il numero 7 e l’intelligenza di entrare in campo solo se davvero poteva dare qualcosa più degli schiacciatori titolari. La sua maglia non si trovava, quando cercai di comprarla: quindi presi quella col numero 1 che era di Cesare Zanolli e facevo finta che fosse il 7. Ce l’ho ancora.

L’Edilcuoghi è stata una delle due sole squadre per le quali io abbia mai davvero fatto il tifo, l’altra era la Virtus Bologna che mi fece scoprire il basket su una tv privata chiamata Ntv, in mezzo c’erano gli spot delle tv dello sponsor, Sinudyne, colore-stupore-specchio della natura.

E’ molto probabile che i miei occhi di bambino abbiano ingigantito le cose, ma io due giocatori come Thomas Wojtowicz nel volley, un polacco dal muro pazzesco, e Jan Van Breda Kolff nel basket non li ho mai visti, dopo. Non ho neanche più fatto il tifo davvero per nessuno, perché l’Edilcuoghi chiuse e la vera Virtus anche, e poi da quando ho iniziato a scrivere sul giornale, nel 1986, ho sempre pensato che uno dei doveri dei giornalisti sia essere obiettivo. Moltissimi colleghi ci riescono pur facendo il tifo, io non ce la farei e quindi preferisco così, spero mi capirete.

Bene, ripartiamo da Giobbe perché è stato un professore capace di lasciare il segno perché non viveva nel mondo limitato della sua materia (una sua domanda a sorpresa all’esame di terza, in educazione artistica, mi aprì gli occhi su Henri de Toulouse-Lautrec molto più di tre anni con la prof di educazione artistica). E quello che ha fatto dopo lo dimostra.

Da allenatore si è tolto soddisfazioni, soprattutto nei campionati femminili. Ma i suoi veri lasciti sono altri. Con l’ex compagno della Panini Andrea Nannini ha fondato la Scuola di pallavolo Anderlini che ancora oggi è un modello di riferimento per i numeri di ragazzi coinvolti. E ora che da qualche anno ha passato la mano, si dedica a una serie di progetti umanitari che meriterebbero più spazio sui media.

Questo spazio sarà dato qui alla sua ultima esperienza, che ha quasi lo stesso titolo di questo blog (ma non voglio il copyright, avrei dovuto già chiederlo anche ad altri ;-).

A Cracovia, in Polonia, si è appena tenuto il torneo della memoria chiamato “Oltre la Rete, Oltre il Muro, per non dimenticare“. Trovate i riferimenti sulla pagina facebook di Moxa, qui.

Si tratta di un torneo giovanile maschile e femminile che ha portato sul campo squadre italiane, polacche e ucraine, queste ultime due composte da ragazzi e ragazze rifugiati in Polonia per la guerra. I ragazzi non si sono limitati a giocare: hanno anche visitato i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. Sulla pagina facebook trovate tutti i dettagli, compresa la presenza alle premiazioni di Edward Skorek, leggenda del volley polacco che negli anni settanta vinse tutto con la nazionale e con Modena, ed era talmente forte che gli arbitri gli fischiavano fallo di posizione quando per primo faceva quello che in gergo tecnico si chiamava ‘l’incrocio’, loro non l’avevano mai visto e non capivano. E poi c’era Giobbe, suo ex compagno di squadra.

Mio maestro, alla fine più di vita che di volley.