Il titolo è un mix riuscito male di due film bellissimi, ma tant’è. Ieri è stato uno di quei giorni in cui mi veniva da dire che ‘noi della pallavolo‘ siamo speciali, perché abbiamo vissuto un momento a mio parere anche più importante delle due vittorie agli Europei.

La diretta televisiva dell’incontro tra il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e le due squadre azzurre che hanno vinto i titoli continentali sotto rete sarebbe da replicare e trasmettere nelle scuole, secondo me. Nelle ore di educazione civica.

Perché è piena di simboli facili da leggere e pieni di valore morale, perché è stata altamente educativa, perché ha mostrato un gruppo di ragazzi che inseguendo fin da bambini il loro sogno sportivo sono arrivati non solo a vincere sul campo, ma anche a sentirsi dire dalle massime cariche dello Stato (perché dopo Mattarella hanno incontrato anche Mario Draghi): grazie perché avete rappresentato al meglio il nostro Paese. E scusate se è poco.

Il rischio della retorica che avviluppa come il miele certi momenti è stato spazzato via dallo stesso Presidente Mattarella, non solo per i selfie che si è lasciato fare dalle due squadre, ma anche per aver saputo parlare da intenditore di pallavolo, e non con le solite frasi fatte e di maniera.

A me sono piaciuti soprattutto i discorsi dei due ct, che sono andati praticamente a braccio, mentre i due capitani hanno quasi letto, e al loro posto l’avrei fatto anche io, per essere più tranquillo.

Mazzanti e De Giorgi hanno parlato più liberi, perché dovevano solo lasciare uscire il flusso dei pensieri e dei sentimenti. Ho apprezzato moltissimo quello che ha detto Davide Mazzanti, soprattutto questo passaggio: “Oggi celebriamo con convinzione i traguardi dei campioni e delle campionesse. Ma sotto i coriandoli della festa c’è un mondo intero che risale in superficie soltanto quando la palla cade dal lato giusto del campo. Perché chi perde, invece, è un fallito. Non è questo lo sport. In una narrativa che è soltanto bianco e nero, lo sport è la tavolozza dei grigi. Dove successo e sconfitta sono figli della stessa identica fatica, passione e desiderio. (…) Se c’è un messaggio che vale davvero la pena condividere è la speranza che le medaglie e i successi ci aiutino a creare un mondo in cui la gratitudine e il rispetto non svaniscano, al di là del lato dove cadrà l’ultima palla».

De Giorgi è un oratore più consumato, uno showman naturale, lo sappiamo da anni. Ha guardato dritto negli occhi Mattarella mentre gli confidava la semplicità della potenza, o la potenza della semplicità fate voi, dell’urlo di battaglia del gruppo, scelto dai ragazzi: “Noi, Italia”, urlavano, e in quel momento era giusto dirlo a voce altissima, come quando si canta un inno e si incanala l’energia per aggredire sportivamente la partita e l’avversario.

Ma la vera nota distintiva della giornata è stata proprio il contrario di qualsiasi urlo sguaiato, ed è questo che mi fa ammirare questi ragazzi, soprattutto al confronto con altri sportivi che sono coatti dentro. Nel momento della liberazione dell’energia possono anche sfogare la tensione, ma quanto sono stati belli, ieri, parlando con tanta tranquillità davanti ad autorità che avrebbero intimidito qualsiasi ragazzo della loro età (anche della mia, per dire), mettendo contenuti intelligenti ed emozionanti nella loro parole, senza mai perdere il controllo eppure senza essere freddi come robot?

Io penso che al di là della pallavolo, se i nostri giovani sono tutti così, possiamo essere tranquilli. Faranno un’Italia migliore di quella che gli stiamo passando noi adulti.