Faccio questo mestiere da tanto tempo, forse troppo. Troppo per non sapere che in particolare il settore sportivo si presta ad un abuso di retorica. Anche se nel mio piccolo ho sempre cercato di non esagerare nell’indicare gli sportivi come esempi da imitare. Per diffidenza personale, perché ho conosciuto fenomeni sul campo che sono dei veri pezzi di m.. nella vita, diciamo più in generale per la convinzione che gli eroi non siano i pur bravissimi interpreti di discipline che a volte rasentano l’arte. Gli eroi sono i miei genitori, per quello che (non) avevano quando hanno deciso di mettere su una famiglia, ma queste sono cose private. Gli eroi sono probabilmente i vostri, di genitori o amici, se capite cosa voglio dire. Gli eroi sono quelli che trovano ogni giorno la strada giusta per loro e per i loro cari.

Da quando ho un figlio, questa tendenza a non affidarmi alle gesta di ‘uno famoso’ per ispirarmi si è anche accentuata. Perché spero di riuscire a trasmettere al mio ragazzo la consapevolezza che nella vita si va avanti con i passi della fatica quotidiana, che esaltarsi a volte può andare bene, ma stare coi piedi per terra va anche meglio.

Eppure stavolta faccio molta fatica a non leggere nelle storie dei tanti medagliati alle Paralimpiadi e nella vittoria dell’Italvolley femminile agli Europei qualcosa di speciale, qualcosa che ci può far riflettere. E magari crescere.

Di sicuro l’esempio di energia pazzesca e contagiosa che arriva dai Giochi di Tokyo è qualcosa di completamente diverso, rispetto alle Paralimpiadi precedenti. Ne ho seguite per lavoro già alcune, ma mi sembra di poter dire che mai come questa volta il messaggio dell’inclusione stia arrivando forte e chiaro. Arriva dritto al cuore con la forza delle immagini televisive, che mostrano corpi menomati che solo qualche anno fa avrebbero colpito lo stomaco, forse sarebbero stati anche censurati. Oggi ho sentito un commentatore Rai, al momento del lancio del giavellotto per la categoria di atleti affetti da nanismo, dire: qua non ci sono fenomeni da circo da vedere, ma atleti veri.

A me sembrerebbe ipocrita sostenere che nelle passate edizioni questo ‘effetto freak‘ non ci sia stato. Stavolta invece è diverso, stavolta mi sembra che sia diversa la sensibilità e la cultura. Non è una cosa che possa succedere di colpo, cambiare una cultura. Servono anni di semina. Una mano fondamentale l’hanno data tanti sportivi paralimpici che non solo hanno ‘bucato il video’ in questi anni, ma hanno applicato una dose di autoironia anche feroce su loro stessi, dote rara che aiuta ad abbattare le barriere anche inconsce, che avvicina l’ascoltatore. Come Bebe Vio, come la fantastica Giusy Versace, come Alex Zanardi. Ecco, nel loro caso l’ispirazione che hanno dato a persone che hanno ripreso in mano le loro vite è sicuramente qualcosa di importante, da rispettare anche per un ‘ateo dell’ispirazione da vip’ come me.

La lezione delle ragazze del volley invece è un’altra. Passa per il risultato, certo,  e questo non è giusto: non avessero vinto quest’oro, in pochi oggi le osannerebbero come invece si preparano a fare, e magari sono gli stessi che le hanno ricoperte di…critiche fino a un mese fa per l’Olimpiade andata male. Olimpiade sulla quale le azzurre e il loro tecnico hanno le loro responsabilità, vincere un Europeo non le cancella. Eppure queste ragazze spesso giovanissime, figlie dei loro tempi e quindi naturalmente vocate a una forma di interrelazione che spesso conta soprattutto sui social, hanno saputo rimettere la testa dentro lo scatolone e tornare a fare quello che sanno fare benissimo. Non hanno negato gli errori, ci hanno lavorato sopra.

Anche in questo caso non basta una spiegazione psicologica, sarebbe troppo facile. La verità è che il successo Europeo di Egonu e compagne è frutto di una serie di cambiamenti piccoli che sommati ne hanno portato uno grandissimo. Alcuni tecnici, come le scelte di giocatrici, di piccoli trucchetti in campo, di filosofia di gioco generale. Altri chiaramente mentali. Ma gli uni senza gli altri non sarebbero bastati, credo.

Quindi, riassumendo. Quello che Paralimpiadi ed Europei di volley ci insegnano, a mio parere, è che qualsiasi successo si costruisce con la fatica dei gesti quotidiani. Esaltiamoci pure per un podio tutto azzurro nei 100 metri paralimpici. Ma se poi non facciamo un passo noi, giorno dopo giorno, non serve a niente.