Il titolo è un po’ complicato, ma se mi seguirete capirete presto che cosa intendo.

Io ieri a Montichiari non c’ero, per il Bovo Day. Ero in redazione a lavorare, esattamente come quella maledetta notte in cui Vigor Bovolenta ci lasciò, e mi ritrovai a fare le telefonate più tristi della mia vita professionale ad amici con i quali di solito cazzeggiavamo, e invece quella sera dovevano confermarmi che Bovo era andato avanti, come dice il maestro Carlo Gobbi.

Io ieri a Montichiari non c’ero, eppure mi sembra di esserci stato. Perché tutti i riflessi scritti, filmati, postati di questa giornata dicono la stessa cosa. Si può vivere l’atmosfera della giornata di ieri, anche senza esserci stati, sfruttando la realtà aumentata della tecnologia, per dirla con termini moderni.

Qui potete vedere le foto di Daniela Tarantini

Qui il video dell’intervento di Federica Lisi che ricorda il Bovo, leggendo un brano del bellissimo libro a lui dedicato.

Qui la battuta di Alessandro Bovolenta, figlio primogenito di Vigor, che ha dato il via alla partita tra l’Italia e gli Amici di Bovo.

E poi ci sono gli articoli dei giornali, i servizi delle tv, i blog di colleghi e amici.

Tutti dicono la stessa cosa.

Che a Vigor abbiamo voluto bene in tanti, e che il ricordo del gigante buono non sbiadisce. Per me è questa la sua vittoria più bella, è una coppa che abbiamo tutti nella nostra bacheca.

Che il volley a volte sa ancora essere una bella famiglia, e che c’è voluto il ricordo del Bovo per ricordarcelo perché negli ultimi anni un po’ tutti stiamo facendo a gara per dimenticarcelo, dalla stampa ai dirigenti di tutti i livelli.

Che l’impegno vero che dovremmo prendere tutti, nei confronti di Bovo e di quelli cresciuti come lui alla fonte dei valori di un ambiente che si sta modernizzando troppo in fretta, in questo senso, l’impegno vero dicevo dovrebbe essere quello di comportarci come lui non una volta all’anno, ma tutti i giorni di tutta la vita.

Il brutto del Bovo Day, forse, è che viene solo una volta all’anno.