Chi fa il mio mestiere di fotografo si abitua a osservare ciò che gli altri guardano soltanto. E proprio una insolita osservazione mi è capitata giorni fa partendo in treno da Mantova per uno dei miei soliti viaggi. Sale una persona, una donna sui settant’anni, distinta, con un volto serio ma disteso. In mano tiene un fiore. La osservo con attenzione e nello stesso tempo con un certo distacco per non crearle imbarazzo. Ecco che la signora accarezza, quasi coccola il fiore, quasi gli parla, come se fosse vivo o dovesse fare da tramite con qualcun altro.
Gianni Bellesia, Moglia (Mantova)

Prosegue la mail. «La cosa mi emoziona. Vorrei scattarle una foto col telefonino, ma temo una brutta reazione. Passano i minuti e lei continua a guardare il fiore e io lì, a cercare di capire. Il treno rallenta per una fermata. Molta gente si alza per scendere e perdo di vista la signora e il suo fiore, quel tanto di distrazione dal perderla di vista un attimo, nella calca. Le porte si richiudono e la signora non c’è più. Ma al suo posto, sul sedile, ha lasciato quel fiore tanto accarezzato. Scatto una foto, istintivamente, col telefonino. Chi mi sta vicino non se ne accorge. Hanno tutti in mano il loro telefonino e gli occhi sono presi dallo scorrere di immagini e post sugli schermi. Chissà cosa c’era dietro quel gesto, quelle carezze. Forse un figlio o un’altra persona cara deceduta, che ogni giorno prendeva quel treno, o forse il ricordo di un ultimo viaggio importante, lontano nel tempo. Non lo sapremo mai perché scendendo dal treno la signora ha portato con sé il segreto che stava nel suo cuore e in quel fiore tanto amato. Ho inviato la foto del fiore ai miei amici di Fb con una dedica speciale: “… dedicato a tutti quelli che stanno vivendo un periodo grigio”. Non potevo non scrivere anche a Vita da pendolare, perché chi fa il mio mestiere, oltre ad essere un pendolare nel vero senso della parola, è anche un pendolare dell’anima e delle passioni che ogni giorno incontra negli occhi e nei gesti delle persone sui mezzi di trasporto che frequenta, in giro per il mondo».
Abbiamo pubblicato quasi integralmente la mail. Era giusto, lo meritava. Gianni Bellesia è un fotografo di Moglia, una delle anime della rinascita del piccolo centro del Mantovano, devastato, ferito ma non piegato, dal terribile sisma del 2012. L’episodio che ci ha voluto raccontare contiene una piccola-grande lezione: anche su un treno si può incontrare quella cosa, rara e preziosa, che si chiama poesia. Un fiore, la mano di una donna che l’accarezza a lungo, dolcemente, inseguendo, forse, un ricordo o un rimpianto, il fiore lasciato sul sedile occupato fino a un momento primo.
Viaggiare in treno non è soltanto impegno, fatica, disagio. È anche questo. E la vita del pendolare è anche questo. Per fortuna.
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