UN REGIME che si era inventato un massacro poteva farsi scrupoli per qualche esagerazione nel raccontare la battaglia di Mosca? Ci volle Gorbaciov per ammettere che a Katyn furono sterminati 22 mila soldati polacchi, in massima parte ufficiali, non dai nazisti come per decenni mentì l’Urss ma dai sovietici stessi, che trovavano scomoda la presenza di un esercito di Varsavia. E ora il ministro della cultura Vladimir Medinski si imbarazza per così poco? Per aver speso una lode di troppo nei riguardi di un film che parla bene dell’eroe che fermò i carri armati tedeschi alle porte di Mosca? Il ministro dovrebbe rimproverarsi non per essere stato imprevidente ma per non aver letto i libri di storia.

AVREBBE infatti dovuto sapere che già nel ’48 la magistratura militare sovietica si era occupata della battaglia di Mosca e aveva riconosciuto come esagerata la ricostruzione dei combattimenti fatta dalle fonti ufficiali, eccitate anche dal fatto che il generale comandante di quella resistenza morì in battaglia.

IL FATTO. Sta per uscire a Mosca il film “28 Panfilovtsy”, che racconta la storia come l’hanno sempre raccontata i sovietici che non hanno mai lesinato lodi per quei soldati dell’Armata Rossa che si immolarono per fermare il nemico. Sulla strada tra l’aeroporto e Mosca c’è un monumento in ricordo di quella battaglia, sono imponenti cavalli di frisia molto ben visibili, di recente anche un po’ allontanati da Mosca perché anche nella collocazione avevano esagerato. I russi li hanno sempre indicati con ardore patriottico.

TUTTO VERO. I tedeschi furono veramente fermati dai russi ma ora si viene a sapere – sulla base di documeti usciti dagli archivi storici – che più che il generale Ivan Vasilyevic Panfilov, eroe all’Ordine della Bandiera rossa, il vero vincitore dei tedeschi fu il Generale Inverno, che come sempre aspettò che i nemici cadessero nella trappola mortale del gelo.

CHE I SOLDATI di Panfilov abbiano distrutto decine di carri armati nazisti o cinque o sei poco cambia, resta il fatto che i russi riuscirono a resistere e a inchiodare i tedeschi in quella steppa, nei pressi di Dubosekovo, dalla quale non sarebbe proseguita la loro avanzata ma sarebbe iniziato il loro ritiro. Avveniva a metà di novembre del ’41 e il 18 novembre morì il generale Panfilov colpito da una scheggia. Più che un falso storico è stato un ritocchino storico. Gli storici dell’Urss, ubbidienti al partito, furono solo un po’ generosi con quel generale che sarà stato anche un eroe ma avrebbe dovuto togliersi quei ridicoli baffetti alla Hitler sotto un cranio calvissimo. Se non avesse avuto il colbacco sarebbe stato facilmente scambiato con un teutonico.

LA STORIA si sa è sempre scritta dai vincitori. Come quella foto del soldatino sovietico che issa la bandiera rossa sul Reichstag. Prima di tutto quella foto venne fatta una settimana dopo la conquista di Berlino, insomma fu una messa in scena. Come spesso succede in guerra. E poi quel soldato ha un solo orologio al polso. Ci sono voluti sessant’anni per vedere l’originale di quella fotografia nella quale quel soldato non ha un solo orologio ma tre, evidentemente prede di guerra. Due gli erano stati cancellati. Per pudore e anche perché in fondo la puntualità non è mai stata il forte dei russi.