Dalle risatine a presa di giro di Sarkozy, che oggi ha pochissimo da ridere, alle lodi espresse dal governo di Parigi per la politica italiana ce ne corre. Senza peraltro che questa gran differenza di opinioni sia vissuta dagli italiani con un corrispettivo di benessere. Il che conferma che in politica, ma anche nella vita, quel che conta più che il risultato definitivo è l’intenzione, la voglia, la parzialità dell’ottimismo. Qualcosa del genere, e mi si perdoni il ricordo un po’ lontano, successe al presidente Ronald Reagan, quando annunciò che avrebbe trovato un sistema di difesa planetaria, lo Sdi, capace di fermare ogni attacco nemico. L’Urss ci credette così tanto a quella panzana da infilarsi in una gara che la portò a sfinirsi in spese folli e al disastro finale. Ma con quel bluff imbottito di ottimismo, cui gli americani, non solo i russi, credettero, Reagan risollevò il paese, resuscitò il dollaro, l’economia e l’occupazione.
Quando Renzi attacca i soliti noti e dice che in economia bisogna cercare il nuovo e lo straordinario, probabilmente non sa nemmeno lui che cosa in particolare ma indica la necessità di affermare un coraggio che, solo sposandolo, ci aiuterà e senza il quale invece rimarremmo disarmati.

Anche Gorbaciov ovviamente si merita un posto nell’olimpo dei grandi riformatori ma gli mancò la fiducia dei suoi sudditi, che generalmente lo detestavano considerandolo un parolaio inconcludente. Dunque anche contro l’economia in crisi quel che conta è la forza della volontà. Una condivisione che stando anche agli ultimi sondaggi continua a sostenere la linea del premier, il cui indice di gradimento è salito al 51 per cento. Che cosa invece va evitato se non si vuole che tutto crolli?

L’incertezza in primo luogo e la mancanza di obbedienza alla linea da seguire. Questa indeterminatezza è la spiacevole impressione che abbiamo avuto nei giorni scorsi quando si è tornati a parlare di aumento delle tasse e di tagli alle pensioni e nonostante le smentite del premier si è visto che certi sottosegretari e comunque voci del governo hanno continuato ad accennare alla possibilità di adottare quelle misure. Scelte che si rivelerebbero un disastro perché sono sbagli che abbiamo già visto fare dai precedenti governi. Con un’aggravante: che Renzi può contare su una popolarità che si basa soprattutto sulla speranza di saper trovare mezzi e metodi nuovi capaci di consentire tagli alla spesa pubblica e reperire risorse, ma se dovesse limitarsi a imitare quei governi che hanno già sbagliato si condannerebbe da solo.

Ecco, questo poter continuare a sperare, più ancora di quel che finora è stato ottenuto, è quel che fa la differenza tra Renzi e quelli che l’hanno preceduto. Non dia segni di incertezza, di timidezza, sappia essere feroce con i controriformisti, e non gli verrà a mancare il consenso. Diversamente, se si accontenterà di grigi compromessi sarà la fine per lui. In mancanza di poter distribuire benessere sappia almeno infondere fiducia, come a quanto risulta ancora continua a suscitare. L’arma di cui ancora dispone si chiama ottimismo della volontà.