UNA LEGGE elettorale è di per sé materia astrusa anche per gli addetti ai lavori, figuriamoci per noi mortali. La difficoltà a capirci qualcosa è aggravata dal vezzo di rendere anche in termini lessicali l’argomento di difficile comprensione, magari chiamandolo con un presunto latinismo, l’Italicum. Come faceva don Abbondio con Renzo per mascherare con l’apparenza l’inconsistenza. Ma anche i comuni mortali hanno capito quel che serve da capire di una legge elettorale. Che è giudicata una buona legge se fa gli interessi della propria parte e viene giudicata una pessima legge se non li fa. Tutto il resto è teatrino e guerra alle poltrone. E come accade in politica quando è difficile o imbarazzante far capire il perché di una determinata opposizione, gli interessati sostengono che è in pericolo la democrazia che Renzi è un fascista, un dittatore e il classico, sempiterno Mussolini. Ed era diverso tempo che non si sentiva nominare il Duce, a dimostrazione che siamo in pieno ritorno del miglior anticraxismo. Il tutto detto sempre dai soliti. Perché naturalmente sono loro i soli depositari della verità e della democrazia. E si può capire che questi argomenti li tiri fuori l’opposizione, che in questo caso fa il suo mestiere e sarebbe anche l’ora perché da un po’ di tempo è un po’ spentina e ha una brutta cera. Ma non si capisce perché le stesse cose le dicano quelli dello stesso partito che tiene su il governo. Che sono anzi la vera opposizione. La più arrabbiata. Anche questo all’insegna della migliore tradizione della sinistra che non ha mai avuto nemici più nemici dei suoi amici. Che si chiamino poi Bindi o Bersani, questo è un altro discorso. Comunque fanno rumore ma sono poche decine.
TUTTI gli altri, a loro dire, sono servi del dittatore. Qualcuno ha detto che aver messo la fiducia alla legge elettorale ha smascherato la sfiducia che c’è tra Renzi e la sinistra del suo partito. Per la verità aver messo la fiducia non è la causa ma l’effetto di questa sfiducia che c’è da parte di una sinistra che è senza progetto, con scarso senso delle proporzioni, rancorosa e buona più a battere i piedi che a governare. Che poi Bersani dica che non riconosce più il suo partito e che il Pd non è più la ditta che ha fatto lui, beh, questo è confortante perché vuol dire che alla fine Renzi qualcosa l’ha fatta.