Parlate di me, parlatene pure male ma parlatene. Sembra l’epilogo cui sono giunte le regioni, che preferiscono gli scandali al silenzio in cui normalmente hanno vissuto, nel lusso s’intende e senza procurare particolari vantaggi ai cittadini. Questa paradossale preferenza di rimanere comunque sulla scena sotto il lancio dei pomodori anziché a sipario chiuso pare sia il motivo di un certo recupero di interesse per le elezioni che si terranno domenica in Emila Romagna, a sancire la fine dell’epoca dell’ex governatore Errani e a segnare l’inizio di una nuova stagione, per quella che fu la roccaforte rossa dell’Italia (insieme alla Toscana). Se i sondaggi e gli umori elettorali dicono il giusto, pare che anche questo voto sarà destinato a non passare alla storia, perché non chiuderà con il dominio incontrastato della sinistra e dunque anziché essere il giorno del sorpasso è più facile venga ricordato come il giorno del mancato sorpasso, ovvero dell’incapacità del centrodestra di cogliere l’occasione, perché al di là di qualche vantaggio che si è procurato Salvini, tutto il resto del centrodestra resta desolatamente avvolto nel silenzio e nell’inconsistenza.

Che la politica potesse arrivare a un punto di degrado tale da pensare che gli scandali potessero giovarle, pochi in passato sarebbero stati capaci di immaginare. Eppure, a pensarci bene, anche questo insano legame rappresenta il segno di un attaccamento che non è stato ancora tagliato dal disgusto che le spese pazze dei politici hanno fomentato. Uno scandalo che più che rappresentare un caso giudiziario è l’esempio di un malcostume, che ha calpestato prima che i codici il rispetto per i cittadini. Per un ultimo sussulto generosissimo degli elettori anche questo dilagare di immoralità, durato per anni, forse decenni, sotto il segno del ‘così fan tutti’, si sta avviando a un altro perdono. E viene da chiedersi se non sia peggiore la colpa o l’assoluzione, perché rinvia comunque l’inderogabile necessità di cambiare verso, ma nel senso vero del termine non in quello, già stantìo, di uno slogan compromesso dai magri risultati. Un perdono che ha la colpa di conservare l’idea che il potere sia un privilegio, una sorta di diritto acquisito da conservare. Non da rovesciare, come meriterebbe. Là dove quel termine ‘acquisito’ contiene nella sua ambigua espressione tutta la sostanza di un potere decrepito. Avanti dunque con le seconde file, le terze, le quarte, le ultime. Tutti assolti, perché italiani brava gente ed emiliani pure. Troppo brava.