Nel giro di due anni i progressi delle ricerche consentiranno, a partire da un  prelievo di sangue sulla donna in stato interessante, di conoscere in anticipo l’intero corredo cromosomico del bambino. Si potranno svelare così le malattie genetiche ereditarie conosciute, evitando la pratica dell’amniocentesi, indagine gravata da aborti indotti nell’1% degli interventi. Farà la differenza una macchina in grado di catturare le singole cellule vive del feto. Come minuscoli messaggeri nella galassia, queste tracce solcano il sistema  circolatorio materno.
«È in atto una sfida tutta italiana» annuncia  orgogliosamente Domenico Simone, general manager di  Menarini, una cooperazione che vede coinvolta la professoressa Paola Castagnoli, direttore scientifico del Singapore Immunology Network (SIgN), da una parte, e dall’altra la Silicon Biosystems,  start-up fondata a Bologna (con un piede in California e l’altro a Firenze) da due  pionieri dell’ingegneria elettronica, Gianni Medoro e Nicolò Manaresi. Questi hanno realizzato un sogno. Ne avevamo scritto il 21 giugno di tre anni fa, quando al meeting dell’American Society of Clinical Oncology a Chicago era stata presentata la piattaforma  DepArray di Silicon Biosystems,  prima e unica tecnologia al mondo in grado di isolare singole cellule circolanti e analizzarle.  Grazie a questa innovazione è possibile identificare e decifrare rarissime mutazioni del codice genetico, raccogliere campioni con una precisione alla quale non arriva nemmeno la biopsia, e definire terapie personalizzate potendo indicare se un determinato medicinale sarà efficace o meno in quel particolare organismo, una rivoluzione paragonabile al bosone di Higgs nella fisica, capace di ridefinire la scala dei valori delle molecole e dei brevetti internazionali in campo chimico farmaceutico.
L’applicazione che descriviamo ora si colloca nel campo della medicina prenatale, ed  è la novità del momento. Sarà sviluppata da una ricercatrice che tutto il mondo ci invidia: originaria di Prato, già cattedratica all’università di Milano Bicocca, la professoressa Castagnoli ha trovato a Singapore le condizioni ideali per aprire un laboratorio con giovani talenti, tra cui una dozzina di  connazionali, medici e biologi. Accade a Biopolis, il distretto tecnologico creato dall’Agenzia governativa  della capitale asiatica A*STAR. Già oggi esistono test che attraverso l’analisi diretta di frammenti del Dna fetale circolante nel sangue materno sono in grado di segnalare il sospetto di sindrome di Down, e altre alterazioni cromosomiche, come la sindrome di Edwards e la sindrome di Patau, ma il limite di queste tecniche consisteva finora nell’impossibilità di mettere le mani sulla singola cellula. Gli esami predittivi attuali individuano il 91,4% delle anomalie riscontrabili con test invasivi: un grande passo avanti, ma non è quello definitivo.
Il futuro sarà nelle macchine come DepArray. «Nel giro di sei o sette mesi — spiega l’immunologa — contiamo di individuare il biomarcatore specifico per indagare i cromosomi fetali, per passare immediatamente alla fase clinica, valutando la tecnologia in parallelo con le amniocentesi in almeno 1500 test».
Intanto trenta centri in tutto il mondo, di cui otto in Italia,  stanno testando la nuova macchina nel campo dell’oncologia, secondo quanto afferma Giuseppe Giorgini, presidente e amministratore delegato della Silicon Biosystems. Al Children Hospital di Philadelphia è in corso uno studio sui tumori cerebrali infantili, le cellule neoplastiche vengono selezionate senza incidere la scatola cranica.  In Germania, così come al Careggi di Firenze, la macchina è impiegata per studi sul cancro della mammella. All’Istituto Mendel di Roma l’indagine è sulla citogenetica e la diagnosi prenatale, a Trento sulle staminali, mentre a Catanzaro, all’Università della Magna Grecia, a Urbino, Udine e Milano, sono ancora le applicazioni sui tumori a fare la parte del leone.

Blog di Alessandro Malpelo . QN . IL GIORNO . il Resto del Carlino . LA NAZIONE

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