L’estensione delle indicazioni di dapagliflozin al trattamento dello scompenso cardiaco cronico, una bella notizia annunciata ieri da specialisti di chiara fama (presente tra gli altri Raffaela Fede, direttore medico AstraZeneca) segna una svolta importante per migliaia di persone colpite da questa malattia. L’approvazione della rimborsabilità decisa dall’ Agenzia Italiana del Farmaco è stata salutata con favore da medici e associazioni.
Gli studi clinici di Fase III hanno dimostrato l’efficacia di dapagliflozin nel ridurre il rischio di mortalità cardiovascolare e ospedalizzazione per insufficienza cardiaca. Nel corso di una conferenza stampa, il direttore della Cardiologia dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, Michele Senni, ha affermato che questo trattamento mirato ha mostrato di abbattere il rischio ospedalizzazioni, migliora la qualità della vita e prolunga la sopravvivenza.
Da anni questo inibitore di SGLT2 si rivela straordinariamente efficace nel diabete di tipo 2, riferisce Riccardo Candido, presidente AMD, Associazione medici diabetologi. In parallelo in nefrologia, nella malattia renale cronica con albuminuria, contribuisce a prevenire il peggioramento degli indici di funzionalità, riducendo il ricorso a dialisi e trapianto, come conferma il professor Loreto Gesualdo, dell’Università di Bari, Aldo Moro.
“Dapagliflozin ha avuto un impatto significativo in medicina interna – ha dichiarato Claudio Borghi, professore all’Università di Bologna, Azienda Policlinico Sant’Orsola Malpighi – in quanto contribuisce a incrementare la sopravvivenza e migliora la qualità di vita dei nostri pazienti. In particolare, in ambito internistico, è fondamentale poter utilizzare questa terapia già in fase iniziale nella ospedalizzazione, considerando che abbiamo spesso soggetti anziani scompensati, fragili, con comorbidità. Grazie alla efficacia priva di effetti collaterali, e alla sua facilità d’uso, si dispone ora di un farmaco in grado di offrire benefici rilevanti in vari contesti clinici”.
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