La carenza di strutture che affrontano la salute mentale degli autori di reati penali pone evidenti problemi nella nostra società. Secondo le statistiche, una percentuale significativa di quanti commettono atti criminali (30%) transita dai reparti psichiatrici di diagnosi e cura. La soppressione degli ospedali psichiatrici giudiziari (opg) ha creato una situazione paradossale di precarietà, individui problematici vengono spesso rimpallati da una parte all’altra come in un flipper. L’assenza di servizi psicologici e psichiatrici dedicati, nel territorio, può portare a un aumento delle tensioni e alla reiterazione di comportamenti devianti, come di fatto sta accadendo.

La creazione di strutture alternative come le REMS (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza) potrebbe fornire una risposta, ma attualmente si sta facendo fatica a metterle in piedi. È necessario investire risorse e pianificare attentamente la gestione di queste strutture per garantire che siano in grado di fornire i servizi necessari garantendo la sicurezza di tutti coloro che ne beneficiano senza tornare ai vecchi opg.

Un’esperienza pilota viene dal Centro per la Profilazione e Analisi Criminologica (Ce.P.A.C.) costituito nella Regione Veneto, una struttura sanitaria che si occupa dei pazienti psichiatrici autori di reati. Il suo obiettivo principale è valutare il grado di pericolosità sociale di queste persone al fine di determinare se possono essere sottoposte a percorsi alternativi alla reclusione, nel territorio, che siano più adeguati alle loro esigenze e alla sicurezza della collettività.

Questi sono tutti temi cruciali, affrontati nel corso di un convegno organizzato da Motore Sanità a Venezia, presso la Sala San Domenico della Scuola Grande San Marco.

L’apertura di nuove strutture, d’altra parte, non sarebbe sufficiente da sola. È fondamentale rivedere e riformare l’intero sistema di presa in carico. Questo richiede una collaborazione tra il sistema carcerario, quello sanitario e le istituzioni governative, al fine di ottenere un sistema integrato e più efficace per affrontare la salute mentale nel contesto penitenziario.

Il Ce.P.A.C. è un progetto sperimentale di valore nazionale che collabora con i Dipartimenti di Salute Mentale e con la Rete per i pazienti psichiatrici autori di reato. Il suo ruolo è quello di collegare le diverse realtà, mettere in rete le professionalità, cercando di affrontare il problema delle liste d’attesa per la presa in carico.

L’idea alla base del progetto è quella di dotarsi di una struttura che possa fornire un’adeguata valutazione giuridico-forense per supportare le decisioni della magistratura competente. Questa struttura offre un percorso residenziale di profilazione e analisi criminologica che permette di approfondire la conoscenza dei pazienti e di individuare le soluzioni più adeguate per la loro cura.

Secondo Enrico Zanalda, Direttore del DSM ASL Torino 3 e dell’AOU San Luigi Gonzaga di Orbassano, il progetto Ce.P.A.C. permette di affrontare problemi pratici. Spesso i Pubblici Ministeri si trovano nella situazione di dover trovare rapidamente una soluzione per quei soggetti che devono lasciare il carcere ma che devono essere ugualmente sottoposti a misure di contenimento per periodi transitori.

Rolando Paterniti, criminologo dell’Università di Firenze, ha evidenziato da parte sua l’esperienza toscana in cui è stata organizzata una formazione specifica per individuare referenti forensi in ogni servizio psichiatrico. Questo ha facilitato i rapporti tra la magistratura, i periti e i medici specialisti, permettendo di trovare un linguaggio comune. Inoltre, è emersa la necessità di modificare il sistema per l’esecuzione delle misure di sicurezza, individuando luoghi distinti dalle attuali residenze e garantendo una valutazione psichiatrico-forense più adeguata per poter elaborare progetti di cura personalizzati.