I linfociti T, le cellule immunitarie che il cancro riesce a ipnotizzare, possono risvegliarsi e combattere il tumore, in particolare i linfociti più giovani sono anche i più reattivi. Lo ha appurato uno studio di Humanitas a Rozzano, Milano, pubblicato su The Journal of Experimental Medicine, frutto di una collaborazione tra il Laboratorio di Immunologia Traslazionale, Enrico Lugli principal investigator, e la Chirurgia Robotica Toracica guidata da Giulia Veronesi. Lo studio è sostenuto anche dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc).

Gli autori hanno preso in esame pazienti con tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC) sottoposti a intervento chirurgico. Con la citometria a flusso si sono evidenziate le cellule che esprimono l’ormai noto checkpoint PD-1.

Lo speciale strumento per la citometria in dotazione permette di conteggiare, separare e riconoscere singole cellule sulla base di specifici marcatori (30 parametri). L’analisi simultanea è dell’ordine di decine di migliaia di cellule al secondo.

“Abbiamo dimostrato – ha spiegato Lugli – che le giovani cellule, identificate dal recettore di membrana CXCR5, sono potenzialmente in grado di esercitare una attività anti-tumorale mentre quelle maggiormente differenziate (anziane) perdono tale requisito”. La scommessa sarà quella di riprodurre e scatenare in laboratorio le cellule T più vivaci, al fine di migliorare ulteriormente la risposta ai tumori mediante procedure di immuno-oncologia.

Alessandro Malpelo

QN Quotidiano Nazionale

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