La Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) è un tema di grande attualità in Italia, ora più che mai alle prese con la denatalità. Una delle principali novità in questo ambito è rappresentata dalla legittimazione delle tecniche eterologhe in Italia, grazie a una sentenza della Corte Costituzionale del marzo 2014 che ha modificato la legge 40. Nonostante siano trascorsi quasi dieci anni da allora, molte coppie non sono ancora consapevoli di poter seguire questo percorso nel nostro Paese.
Recentemente, un incontro a Roma, organizzato da Noesis con il contributo incondizionato di IBSA, ha offerto l’opportunità di fare il punto sulla Pma e sui modelli organizzativi e assistenziali più efficaci per garantire un accesso equo e inclusivo a queste procedure in tutte le regioni italiane, assicurando al contempo qualità, sicurezza e appropriatezza dei trattamenti.
“L’entrata in vigore dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) deve essere anche l’occasione per promuovere una maggiore informazione su questi temi, sia sul territorio, sia durante il counselling effettuato prima di iniziare il percorso e campagne di solidarietà per la donazione dei gameti”, ha sottolineato Walter Vegetti, responsabile del Centro PMA Fondazione Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. È importante che le coppie siano consapevoli delle possibilità offerte dalla Pma e che ricevano un supporto informativo adeguato per intraprendere questa strada.
Vale la pena sottolineare che le tecniche di Pma non devono essere considerate una terapia per l’età, l’ideale sarebbe cercare figli quando si è giovani, come accade in Francia dove le famiglie con bambini piccoli sono particolarmente numerose, e i genitori sono mediamente più giovani di tre-quattro anni e anche più, rispetto all’Italia. Ma perché stiamo diventando una società di vecchi, con minimo ricambio generazionale?
Nonostante sia possibile effettuare la Pma fino a 46 anni, i dati dimostrano che le nascite dopo i 43 anni rappresentano solo il 2%, con un rapporto rischio-beneficio per le donne e costo-beneficio per il Sistema Sanitario Nazionale che pesa in negativo.
Un altro aspetto da considerare riguarda la diagnosi preimpianto, che al momento non è prevista dai LEA. Questa tecnica consente di verificare se l’embrione è sano o affetto da malattie genetiche. Il test preimpianto permette quindi di evitare l’aborto terapeutico di un feto malato, con tutte le conseguenze psicologiche che ciò può comportare per la donna. È importante riflettere su questo aspetto e considerare l’opportunità di introdurre la diagnosi preimpianto all’interno dei Lea.
Infine, c’è ancora molto da fare per quanto riguarda i tempi che le coppie perdono prima di arrivare a un centro Pma. Non si tratta solo delle liste di attesa, ma del tempo che le coppie impiegano prima di ricevere le informazioni e l’assistenza necessaria. È essenziale ridurre questo tempo di attesa, garantendo un percorso più rapido ed efficace per le coppie che desiderano intraprendere una Pma.
La storia di Enza Perna, fondatrice dell’Associazione Mamma in PMA, è un esempio di quanto sia importante parlare apertamente di questi temi e condividere esperienze personali. Dopo diversi anni di tentativi andati a vuoto, Enza e il suo partner si sono rivolti al ginecologo, ma la gravidanza tardava ad arrivare. Hanno quindi deciso di iniziare un percorso di Pma che, nonostante gli ostacoli e il carico di stress psicologico, li ha portati alla gioia di diventare genitori dopo quattro anni e tante peripezie. Per evitare che altre donne affrontino le stesse difficoltà, Enza ha deciso di aprire una pagina sui social media e fondare l’associazione @cominciamo123.
Alla luce dei risultati, è fondamentale promuovere una maggiore informazione sulla PMA, garantendo un accesso equo e inclusivo alle procedure in tutte le regioni italiane. È necessario considerare l’introduzione della diagnosi preimpianto nei LEA e ridurre i tempi di attesa per le coppie che desiderano intraprendere un percorso di PMA. La condivisione di storie personali come quella di Enza Perna può contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica e favorire un cambiamento positivo in questo ambito così importante per molte coppie italiane.
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La ricerca in ginecologia ha fatto passi da gigante. “Le innovazioni hanno permesso a coppie di diventare genitori, pur essendo in condizioni che un tempo sarebbero state definite irrisolvibili” – ha commentato in conclusione il dottor Vegetti. “Penso all’avvento della ICSI che consente la fecondazione e la gravidanza quando il seme è povero di spermatozoi o quando gli stessi spermatozoi hanno scarsa motilità. Penso anche alla tecnica di crioconservazione mediante vitrificazione, che permette una migliore sopravvivenza dei gameti, degli embrioni e delle blastocisti, con possibilità di gravidanza simili a quelle ottenibili con gameti ed embrioni cosiddetti a fresco”.
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