Le persone che soffrono di psoriasi, un problema della pelle che interessa un milione e mezzo di italiani, hanno un rischio quasi quattro volte maggiore di andare incontro a malattie infiammatorie croniche intestinali, soprattutto la malattia di Crohn, che in Italia affligge 200mila individui. Ma che cosa lega la psoriasi, e la pelle, alle spondiloartriti e le artriti alla malattia di Crohn? Apparentemente nulla, si tratta infatti di patologie estremamente diverse tra loro che tuttavia condividono gli stessi meccanismi immunitari e infiammatori di base e sono perciò spesso presenti in associazione. Lo affermano eminenti specialisti italiani come Giampiero Girolomoni, della Clinica Dermatologica dell’Università di Verona.

I disturbi di cui parliamo hanno un denominatore comune nello stato infiammatorio cronico, quasi a indicare che qualcosa nel sistema immunitario sbaglia bersaglio. Negli ultimi anni sempre più ricerche hanno evidenziato che i pazienti che soffrono di malattie autoimmuni sono più esposti al rischio di svilupparne nel tempo altre: in particolar modo, come si diceva, psoriasi, spondiloartriti e malattia di Crohn. Per questi motivi è utile formare i medici, trasmettere una visione della complessità del paziente, come è stato fatto durante il corso appena concluso a Roma, organizzato dall’ Accademia Nazionale di Medicina con il contributo incondizionato di Biogen, dedicato a dermatologi, reumatologi, gastroenterologi.

“Le malattie reumatiche infiammatorie sono spesso sistemiche, ossia possono colpire organi diversi. Così i pazienti con artrite psoriasica rappresentano il 25% di quanti soffrono di psoriasi” – ha scritto Fabrizio Conti, Cattedra di Reumatologia Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma. “Fondamentale mettere il paziente al centro, così da garantirgli cure più efficaci e personalizzate. In questa ottica si inserisce il corso di formazione che coinvolge specialisti di estrazioni diverse”.

L’arrivo dei farmaci biologici, impiegati per molte di queste malattie, ha rivoluzionato l’approccio consentendo una cura più incisiva, trattando contemporaneamente l’infiammazione presente in organi diversi.

“Il 10-20% dei pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali soffre anche di una forma di artrite ed è quindi fondamentale controllare l’infiammazione spegnendola” – ha concluso Maurizio Vecchi, Ordinario di Gastroenterologia all’Università di Milano, uno dei coordinatori del corso – “L’anti TNF-alfa, per esempio, può essere utilizzato in tutte queste patologie: in alcuni soggetti può essere perciò possibile una terapia per le diverse malattie con un solo farmaco. In altri casi, invece, individuare le associazioni di patologia può servire a escludere trattamenti proposti per la malattia principale ma che potrebbero entrare in conflitto con altre patologie immuno-mediate non ancora evidenti”.

Alessandro Malpelo

QN Quotidiano Nazionale

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