E’ stata appena approvata, anche in Italia, una innovativa combinazione di farmaci per il mieloma multiplo, una terapia con daratumumab che è motivo di discussione all’ASCO di Chicago, il meeting annnuale dell’American Society of Clinical Oncology. Secondo gli specialisti, si è fatto un passo avanti importante in termini di efficacia nel colpire le cellule neoplastica di questa malattia del sangue, ottenendo di pari passo una sorta di riattivazione del sistema immunitario. Due studi pubblicati sul New England illustrano due diverse combinazioni di farmaci, dette triplette, con l’aggiunta dell’anticorpo monoclonale daratumumab, la novità del momento, disponibile anche in Italia già dalla seconda linea di trattamento appunto nei casi di mieloma multiplo.

In base agli studi, ha spiegato il professor Michele Cavo, ordinario di ematologia e direttore dell’istituto Seragnoli di Bologna, le due terapie con daratumumab hanno dimezzato il rischio di progressione della malattia, con risultati mai visti prima. I benefici si mantengono nel tempo, in assenza di tossicità aggiuntiva, senza impatto negativo sulla qualità di vita, che anzi migliora.

Aggiungere daratumumab, primo anticorpo monoclonale della classe degli anti-CD38, alle due diverse combinazioni attualmente in uso, significa cambiare il decorso di una malattia caratterizzata da ricadute e difficile da controllare. La triplice terapia con daratumumab, infatti, a 12 mesi ha aumentato dal 27 al 62% la sopravvivenza libera da progressione di malattia, con una riduzione del 64% del rischio di progressione del mieloma. Lo ha dimostrato in particolare lo studio Castor. In un altro studio, denominato Pollux, l’altra triplice combinazione con daratumumab  ha aumentato la sopravvivenza libera da progressione di malattia dal 60 all’83%, con una riduzione del rischio di progressione del mieloma o di morte del 63%.

Ma facciamo un passo indietro per capire come si esprime questa malattia del sangue. “Il mieloma multiplo – spiega il prof. Cavo – è un tumore del midollo osseo caratterizzato da una incontrollata proliferazione di plasmacellule e da un’eccessiva produzione di immunoglobuline presenti nel sangue o nelle urine. Ogni anno i nuovi casi sono circa cinquemila e l’età media dei pazienti è pari a 70 anni, con un terzo delle diagnosi dopo i 75. Circa un terzo dei pazienti riceve la diagnosi per caso, dopo un normale check-up di laboratorio; purtroppo, però, già all’esordio della malattia è documentabile una patologia scheletrica, conseguenza del tumore, nel 70-80% dei casi, mentre il 15-20% dei pazienti ha un’ insufficienza renale causata dalla malattia. In base a queste, ed altre, caratteristiche di presentazione del mieloma, deve essere iniziata immediatamente la terapia, che può comprendere o meno il trapianto di cellule staminali”.

Durante la storia naturale del mieloma capita che uno o più cloni di cellule non responsive alla terapia, eventualmente già presenti seppure minoritari al momento della diagnosi, diventino predominanti provocando la ricaduta, o progressione della malattia. Disporre ad ogni successiva ricaduta del mieloma di farmaci efficaci e dotati di un meccanismo di azione diverso dai farmaci precedenti è fondamentale per potere offrire soluzioni di seconda o terza linea in grado di controllare la malattia a medio e lungo termine.

“I risultati di cui parliamo oggi – spiega l’illustre ematologo dell’Università di Bologna – sono legati al fatto che il meccanismo di azione con daratumumab è duplice, in quanto colpisce direttamente le cellule tumorali malate, ma va anche a rimodulare il sistema immunitario. In questo modo si hanno probabilità maggiori di rispondere alla terapia, risposte più rapide e un periodo di tempo più lungo”. Le evidenze scientifiche emerse hanno portato all’approvazione italiana di daratumumab per la seconda linea di trattamento, con il riconoscimento di terapia innovativa da parte di AIFA. E gli studi sono stati presentati al congresso americano ASCO di oncologia, in corso a Chicago.

Daratumumab, riconosce il suo bersaglio (la glicoproteina CD38) espresso sulle cellule tumorali, ed ha una doppia efficacia perché oltre a eliminare direttamente le cellule neoplastiche è anche in grado, come detto, di risvegliare le difese immunitarie, reindirizzandole contro le cellule neoplastiche. Grazie a questo meccanismo d’azione il paziente risponde meglio alle cure e ha meno complicanze; il duplice effetto sul tumore e sul sistema immunitario ha portato perciò a sperimentare daratumumab, utilizzato finora da solo e soltanto dalla terza linea di terapia in poi, in associazione con due combinazioni standard di farmaci già in uso.

“I risultati a 12 mesi dall’inizio della terapia – riprende il prof. Cavo – hanno evidenziato un sostanziale raddoppio della probabilità di sopravvivenza libera da progressione di malattia rispetto alle combinazioni standard. Sulla base di questi risultati, le agenzie regolatorie hanno approvato l’uso delle due triplette con daratumumab a partire già dalla seconda linea di terapia per pazienti che abbiano ricevuto almeno un precedente trattamento. L’obiettivo attuale delle terapie del mieloma multiplo, anche in fase di ricaduta, è infatti la negativizzazione della malattia minima residua (MRD negatività) ossia l’assenza di cellule tumorali dimostrabili con tecniche di biologia molecolare. Le triplette con daratumumab hanno per la prima volta consentito di raggiungere questo risultato in percentuali variabili, fino al 25%, dei pazienti con ricadute o refrattari alle precedenti terapie. In aggiunta, i benefici offerti dalle triplette contenenti daratumumab sono stati osservati indipendentemente dall’età o sesso dei pazienti, dalle caratteristiche della malattia o dalle terapie impiegate in precedenza. Infine, non bisogna dimenticare la buona tollerabilità degli anticorpi monoclonali in generale, e di daratumumab in particolare: aggiungerlo alle combinazioni standard già in uso non modifica la tossicità, ma aumenta le probabilità di successo della terapia”.

Alessandro Malpelo, QN Quotidiano Nazionale