Nel maggio scorso è stato pubblicato su Scientific Reports uno studio condotto dall’ Istituto Pasteur Italia che mostra gli stretti collegamenti tra fegato e intestino, attraverso il sistema della vena porta, e i segnali invisibili che i batteri intestinali del microbiota umano mandano all’organismo, fino al cervello, influenzando i processi metabolici e lo stato di salute.

In questi giorni l’Istituto Pasteur ha rilanciato la notiza precisando che lo studio ha preso in esame il microbiota presente nel fegato, nelle anse intestinali e nel sangue di individui sani e lo ha confrontato con campioni biologici prelevati in pazienti affetti da cirrosi (malattia degenerativa cronica che porta a insufficienza epatica). L’analisi ha permesso di associare alcune specie di batteri e i loro prodotti metabolici a livelli di infiammazione e al rischio di sviluppare encefalopatia epatica.

CIRROSI EPATICA

“Nei soggetti con cirrosi epatica – spiega Valerio Iebba, primo autore della ricerca – si verifica un’alterazione del microbiota intestinale al punto che batteri patogeni crescono in maniera massiccia a discapito degli altri. Questi batteri cattivi, o i prodotti del loro metabolismo, possono traslocare attraverso il sistema portale dall’intestino al fegato. Qui contribuiscono allo sviluppo di uno stato infiammatorio cronico e all’incapacità di smaltire le tossine, condizione tipica di molte complicanze in pazienti con cirrosi. Una di queste complicanze si manifesta a livello del cervello: è l’encefalopatia epatica, una sindrome che può dare luogo a problemi motori, sensoriali o mentali”.

Il microbiota è una popolazione di microrganismi residenti nei vari distretti corporei, per anni si è parlato di flora intestinale ma abbiamo il microbiota della pelle, della vagina, degli occhi, delle vie respiratorie. Il microbiota intestinale è un ecosistema composto da funghi, virus e batteri che si sono adattati a vivere sulla superficie della mucosa del tubo digerente, sviluppandosi immediatamente dopo la nascita.

EQUILIBRIO COMPLESSO

Esiste anche un microbiota del sangue, che viene considerato alla stregua di un organo liquido. Il microbiota si è evoluto insieme all’uomo nel corso dei millenni, tanto che il normale funzionamento dell’apparato digerente e del sistema immunitario si avvale del contributo dei batteri in equilibrio tra loro. Il ruolo più importante nel regolare i vari equilibri tra i diversi organi del corpo umano, il cosiddetto asse intestino-cervello, ma lo stesso discorso vale per l’asse intestino-fegato, l’asse intestino-cute e via dicendo, lo svolge proprio il microbiota intestinale. Lo stato di salute dei batteri che popolano il nostro intestino, si legge nello studio, è dunque collegato a quello di altri organi, come il fegato e il cervello.

Determinate malattie si possono manifestare a causa di fattori disturbanti, come per esempio diete sbilanciate, assunzione di antibiotici, sedentarietà, fattori genetici ed epigenetici, che agiscono di concerto a modificare la composizione del microbiota.

IMPRONTE CHIMICHE

Lo studio condotto da Valerio Iebba si avvale della collaborazione di Massimo Levrero (Istituto Italiano di Tecnologia, Roma), e di Manuela Merli e Serena Schippa (Università di Roma, La Sapienza). Gli autori riferiscono di aver adottato un approccio sperimentale che combina lo studio della sequenza del DNA dei batteri con quello delle impronte chimiche che i microbi lasciano con i prodotti del loro metabolismo.

Il sistema venoso che collega l’intestino al fegato agisce quindi come una sorta di autostrada che permette ai batteri e ai loro metaboliti di giungere al fegato. Conoscere quali batteri si spostano dall’intestino al fegato in condizioni di salute o di malattia risulta dunque essenziale nella gestione delle complicanze delle malattie croniche epatiche – per prevenire le alterazioni patologiche del microbiota oppure, in casi più gravi, per cercare di ripristinare l’equilibrio a favore dei batteri amici.

INTEGRATORI E PROBIOTICI

Lo studio, sono le conclusioni, fornisce un’indicazione in più a favore dell’evidenza che vi sia un collegamento tra l’intestino e il cervello, e suggerisce che alcuni specifici probiotici (batteri buoni assunti come integratori) possano intervenire, nel caso dei pazienti affetti da cirrosi, per limitare e prevenenire l’insorgere dell’encefalopatia epatica. Futuri studi come questo cercheranno di scoprire, almeno in parte, i “fili invisibili” che collegano l’intestino ad altri organi.

Alessandro Malpelo

QN Quotidiano Nazionale

Salute